Miquel Barceló
Biografia                                                

1957-1973
Miquel Barceló nasce l'8 gennaio 1957 a Felanitx sull'isola di Maiorca, dal padre suo omonimo e da Francisca Artigues. Figlio primogenito ha un fratello e una sorella. Il giovane Miquel è introdotto alla pittura dalla madre, lei stessa artista dilettante che privilegia lo stile dei tradizionali paesaggisti maiorchini; questi sono influenzati, ovviamente, dal caratteristico clima mediterraneo, da una luce intensa e da un paesaggio variegato che abbraccia terre semi-desertiche, verdi campagne, coste, altipiani, alte scogliere, ampie spiagge sabbiose e stupende insenature. Barceló trascorre l'infanzia e l'adolescenza a Felanitx, concludendo gli studi liceali nel 1973 con il conseguimento della maturità scientifica.

1974-1975
Nel 1974, all'età di diciassette anni, Barceló compie il suo primo viaggio a Parigi dove scopre l'opera di Paul Klee, Jean Fautrier, Wols e Jean Dubuffet ed entra anche in contatto con la produzione creata in stile art brut, che avrà un forte impatto su di lui.
In quell'anno frequenta la Escuela de Bellas Artes y Oficios a Palma di Maiorca apprendendo le tecniche di disegno e modellatura. Il 1974 è anche l'anno in cui si tiene la sua prima mostra personale alla Galería d'Art Picarol a Cala d'Or.
Barceló s'immatricola alla Escola Superior de Belas Artes de Sant Jordi a Barcellona nel 1975 e nonostante vi rimanga registrato sino alla primavera del 1978 la frequenza alle lezioni è limitata ai primi mesi poichè è ben presto è disilluso dal clima accademico.
La curiosità lo spinge a sperimentare l'uso di materiali vari e lo porta a manipolare casse di legno nelle quali introduce oggetti disparati e materiali organici.
Sentendo la necessità di ampliare i propri orizzonti ed il proprio panorama culturale, si dà alla lettura di André Breton e dei surrealisti sui temi dell'arte, del Manifiesto Blanco di Lucio Fontana, e della Historia Social de la Literatura y el Arte (La storia sociale dell'arte) di Arnold Hauser. Dal profilo pittorico Barceló è affascinato sia dalla produzione artistica dello stesso Fontana, fondatore del movimento spazialista, che dalle tele astratte di Mark Rothko.

1976
Partecipa agli happenings e agli atti di protesta organizzati dal gruppo concettualista maiorchino Taller Llunàtic che si contrappone alla situazione socio-politica spagnola di quel periodo storico ed al relativo panorama artistico ufficiale per il quale Barceló rivendica un rinnovamento. Strumento di propaganda dell'associazione è il giornale "Néon de Suro", di cui sarà responsabile nella sesta edizione intitolata "Jeroglífics muts", geroglifici muti.
A soli diciannove anni tiene la sua prima personale in forma ufficiale. La mostra, intitolata Cadaverina 15 è allestita nel Museo di Palma de Mallorca e propone al visitatore una riflessione sul tema della metamorfosi, un argomento di primaria importanza nella produzione di Barceló di questo periodo. L'artista è progressivamente spinto a immaginare una relazione più diretta fra il tema scelto ed i materiali impiegati nella creazione dei suoi dipinti.

1977-1979
Durante l'estate del 1977 si aggrega a gruppi d'ecologisti ed anarchici e prende parte all'occupazione dell'isola Sa Dragonera, ad ovest di Maiorca: un progetto di lotta contro l'urbanizzazione selvaggia. Una volta raggiunto lo scopo tutti gli abitanti abbandonano l'isola tranne Barceló che vi rimane per altre due settimane vivendo in un faro e lavorando con materiali recuperati nello spazio circostante.
Nel 1978 si reca nuovamente a Parigi per visitare dapprima le collezioni del Musée National d'Art Moderne, di cui ammira in particolare l'impressionismo astratto americano che su di lui ha un forte impatto, ed in seguito il Musée du Louvre dove resta affascinato dalla pittura barocca.
Nel 1979 Barceló visita l'esposizione collettiva allestita dal Museo de Arte Contemporáneo di Madrid per commemorare il cinquantesimo anniversario del Museum of Modern Art di New York (MoMA). La sua attenzione è catturata soprattutto dalle opere di Jackson Pollock, Willem De Kooning, Robert Ryman e Cy Twombly.
Da questo momento inizia a sperimentare l'uso di grandi quantità di pittura che stende su tela e che espone intenzionalmente alle intemperie con l'intento di produrre un qualsiasi tipo di reazione spontanea quale l'ossidazione, la screpolatura ed il macchiato che rivela strati sottostanti di pittura. Continua pure a cimentarsi con la combinazione di tradizionali materiali pittorici uniti ad elementi organici.

1980
La curiosità nella concezione gestuale di Pollock induce Barceló a ricorrere alla tecnica del dripping, tipica dell'action painting.
Realizza una serie di libri illustrati tra cui uno in ferro, che presenterà al pubblico l'anno successivo alla Galeria Metrònom di Barcellona, e correda d'immagini anche il volume di poesie L'ésser fosc di Andreu Morell.
Conosce il pittore, scultore e ceramista catalano Joan Miró che lo invita nel suo atelier a Palma di Maiorca. Insieme a Mariscal è in costante contatto con gli artisti Lluis Claramunt, Bruno Fonseca, Xavier Grau, José Manuel Broto, e Ferrán García Sevilla.
Iniziano così ad apparire nei dipinti di Barceló le prime immagini figurative: colonne di fumo, libri e figure zoomorfiche.

1981-1983
Fondamentale è nel 1981 l'esposizione collettiva Otras figuraciones organizzata a Madrid alla Fundación "la Caixa" dalla curatrice spagnola Maria de Corral, che introduce la produzione di Barceló a Rudi Fuchs. Quest'ultimo è designato direttore artistico di Documenta 7, e l'anno successivo invita l'artista a prendere parte alla prestigiosa rassegna di Kassel aprendogli così, a soli venticinque anni, le porte del firmamento dell'arte internazionale.
Il primo riconoscimento al di fuori dei confini spagnoli gli è conferito dalla sua prima esposizione individuale nel 1982, alla Galerie Axe Art Actuel di Tolosa, dove Barceló conosce sia il mercante d'arte e collezionista parigino Yvon Lambert, sia Jean-Louis Froment, che per conto del Musée de Bordeaux (Capc), di cui è direttore, acquista varie opere.
A seguito delle proposte ricevute a Kassel, Barceló si stabilisce nel 1983 per cinque mesi a Napoli per preparare una mostra nella galleria di Lucio Amelio che vuole proporre al pubblico una serie di lavori eseguiti con le ceneri del Vesuvio e con pigmenti locali simili a quelli utilizzati negli affreschi di Pompei. L'artista produce anche un dipinto di dimensioni monumentali, L'ombra che trema (300 x 600 cm), che verrà incluso nell'esposizione Terrae Motus a Villa Campolieto l'anno seguente.
Ad una successiva esposizione parigina nella Galerie Yvon Lambert, che presenta un gruppo di dipinti sul tema delle biblioteche, incontra il gallerista zurighese Bruno Bischofberger, che compera la maggior parte delle opere in mostra, come pure l'artista Bob Calle testimone della scena artistica francese della seconda metà del ventesimo secolo che acquista Le jugement de Salomon per conto della Societé des Amis du Musée National d'Art Moderne (MNAM) del Centre Georges Pompidou di Parigi.
Dopo un breve viaggio a New York che lo vede posare per un ritratto di Andy Warhol, visita Cy Twombly a Roma e nella città eterna ritornerà di frequente.


1984-1985
Nel 1984 Barceló soggiorna con Mariscal in Portogallo, a Vila Nova de Milfontes, per quattro mesi lavorando all'aria aperta, mischiando pigmenti con sabbia, alghe e altri materiali ripescati sulla spiaggia e realizzando tele che rappresentano paesaggi e scene marine. Risale a quest'anno l'incontro con Cécile Franken, sua futura sposa.
Bischofberger lo invita a presentare le sue opere, per la prima volta, nella sua galleria di Zurigo, ed assume il ruolo di suo mercante esclusivo dando il via ad un sodalizio che perdura tutt'oggi.
L'artista è invitato a partecipare, nella sezione Aperto, alla Biennale di Venezia, quando sotto la direzione di Maurizio Calvesi si affronta il tema "Arte e arti".
Il curatore del Museum of Modern Art di New York, Kynaston McShine, include Barceló in una mostra progettata per presentare gli artisti più interessanti del panorama di quel momento anche negli Stati Uniti.
Nel 1985 si concretizza il progetto di mostra itinerante commissionato da Froment che vede viaggiare le opere dell'artista dal Musée d'Art Contemporain di Bordeaux, al Palacio de Velázquez di Madrid, fino al Boston Institute of Contemporary Art.
Prosegue con la realizzazione di dipinti i cui soggetti sono le biblioteche, il Louvre e il mondo del cinema.

1986
Barceló acquista un rifugio per cacciatori a Cap Farrutx a Maiorca e, dopo averlo trasformato in abitazione e in studio, vi si stabilisce dando inizio ad una produzione ispirata alle cucine, ai ristoranti cinesi e ai suoi primi vortici.
L'opera Big Spanish Dinner del 1985, che simboleggia le tradizioni e la cultura spagnola, viene acquistata dal Museo Español de Arte Contemporáneo e forma oggi parte della collezione del Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid.
In novembre è a New York per la sua prima esposizione alla Leo Castelli Gallery e prende in affitto uno studio a Greenwich Village, dove lavorerà fino all'estate successiva. La sua produzione, dapprima incentrata sul tema della luce, si libera progressivamente dagli elementi aneddotici e narrativi.
Quasi trentenne, e con un percorso artistico intenso alle spalle, Barceló viene insignito del prestigioso riconoscimento culturale spagnolo, Premio Nacional de Artes Plásticas de España.

1987-1988
Abbandonata la "grande mela", ritorna a Parigi nel 1987, e affitta un nuovo atelier nel diciannovesimo arrondissement, in rue David d'Angers, dove realizza delle tele che hanno per soggetti buchi e crepacci.
Insieme a Mariscal, Pilar Tomás e Jordi Brió compie il suo primo viaggio in Africa nel 1988. Attraversato il deserto del Sahara si stabilisce sulle sponde del Niger, a Gao, nella regione della Repubblica del Mali e fa la conoscenza dello scultore maliano Amahigueré Dolo, il cui lavoro è impregnato dalla cultura e dalla mitologia Dogon e che diventa presto suo compagno di lavoro e amico. Barceló decide di prolungare il suo soggiorno in Africa per altri sei mesi e ne approfitta per esplorare il Mali e le zone limitrofe del Senegal e del Burkina Faso. Fin dalla prima esperienza africana trae fondamentali insegnamenti per la fabbricazione di nuovi pigmenti nonostante le difficoltà causate dall'estrema calura, la polvere, le tempeste di sabbia e le termiti. Le opere eseguite durante questo periodo sono principalmente disegni nei quali utilizza i pigmenti locali e i sedimenti fluviali. Il paesaggio maliano caratterizzato da ampie pianure, aree depressionarie, formazioni rocciose e i miraggi del deserto diventano temi ricorrenti nell'opera di Barceló che, una volta rientrato in Europa, divide il suo tempo fra Parigi, Maiorca e il Mali.


1989-1990
Una selezione della produzione africana di disegni e dipinti di piccolo formato viene esposta nel 1989 alla Galería Dau al Set di Barcellona, mentre la Galerie Bruno Bischofberger pubblica il volume Miquel Barceló in Mali, che riproduce una vasta selezione dei disegni eseguiti in Africa come pure alcuni dei testi scritti da Barceló durante il suo soggiorno africano.
Trascorre l'inverno a Segou nel Mali dove rimane per cinque mesi durante i quali si reca anche in Costa d'Avorio, che rispetto ai territori già visitati, alquanto poveri, appare come una delle nazioni più prosperose dell'Africa occidentale.
Nel 1990 crea i costumi e la scenografia del dramma musicale El Retablo de maese Pedro del compositore iberico Manuel de Falla, diretto da Jean-Louis Martinity per l'Opéra Comique di Parigi.
Barceló trascorre due settimane in un rifugio nelle alpi svizzere, a quattro mila metri d'altitudine, e dipinge una serie di paesaggi ispirati ai ghiacciai.
Barceló, Eduardo Chillida e Antonio Saura sono tra i partecipanti di un ciclo di conferenze intitolato El Museo del Prado visto por los artistas españoles contemporáneo. La collaborazione tra di loro porta alla pubblicazione di una collezione di opere grafiche intese ad attuare le riflessioni già espresse dagli artisti spagnoli sul Prado. Questi lavori saranno assunti dal museo medesimo nel 1991 ed esposti ad mostra organizzata da Francisco Calvo Serraller.
Barceló parte nuovamente per il Mali.

1991
Con Dolo costruisce una canoa di quindici metri ed insieme ad alcuni pescatori Bozo salpano sul Niger con l'intenzione di percorrere in un paio di settimane i millequattrocento chilometri che separano Segou da Gao. In realtà il viaggio dura circa un mese e coincide con lo scoppio della guerra civile che rischia di bloccare i naviganti. L'esperienza consente a Barceló di tradurre su carta la vita del "fiume dei fiumi", la sua flora, la sua fauna, e di rappresentare gli insediamenti lungo le sponde o le grandi piroghe nigeriane che lo percorrono. L'artista cerca di elaborare l'intensità delle immagini con le quali è confrontato e l'attaccamento alla vita delle tribù indigene che sopravvivono alla miseria utilizzando tutte le loro risorse. I quadretti realizzati hanno una connotazione profondamente corporea che sembra risucchiare ogni sorta di scarto, di piccoli scheletri, di carcasse da cui l'ispirazione e l'esecuzione dell'immagine sono partite. Sembra quasi che le sue tele vogliano inglobare, divorare e digerire la realtà.
Tornato in Europa e non lasciandosi coinvolgere dagli artisti che si chiedono come dipingere e come trasporre nell'arte la loro realtà, Barceló preferisce continuare nella rappresentazione del vissuto africano realizzando una serie di dipinti sui grandi alberi di pino del Niger e sulla vita lungo il fiume.
Inizia a lavorare nel nuovo atelier parigino nel quartiere dei Marais dove per due anni gran parte della produzione è dedicata ai bodegones (nature morte) che in alcune occasioni prenderanno la forma di mesas digestivas (tavole della digestione).

1992-1993
Alla fiera internazionale d'arte contemporanea ARCO a Madrid nel 1992 la Galerie Bruno Bischofberger presenta le prime sculture in bronzo di Barceló e pubblica la novella Too Far from Home dello scrittore e compositore americano Paul Bowles nella quale sono descritte le tempeste di polvere del Mali illustrate dall'artista con 28 acquerelli.
Barceló collabora con lo scrittore e fotografo non vedente sloveno Evgen Bav?ar alla produzione di un libro erotico scritto in Braille con litografie e incisioni in rilievo intitolato Les tentes demontées ou le monde inconnu des percepcions e pubblicato nel gennaio del 1993.
Compie un nuovo viaggio nel Mali e inaugura una casa-atelier a Cogoli nel territorio del Dogon. Accidentalmente alcuni suoi disegni sono danneggiati da termiti, ciò che gli dà lo spunto per ulteriori esperimenti.
Moral presenta a Parigi nel 1993 "Les ateliers de Barceló", un documentario di 26 minuti, prodotto da Arkadin con la partecipazione del ministero della cultura e della comunicazione (DAP), che è un diario dei viaggi e degli scali negli ateliers attorno alla zona di Buttes Chaumont, a Maiorca e nel Mali. Il film ricostruisce il cammino dell'artista con tutte le svolte, gli interrogativi e le ricerche, le tracce della memoria dei luoghi e del tempo.
Inizia una serie di ritratti su tela la cui superficie viene modellata per accogliere strutture metalliche che raffigurano la moglie Cécile, Bischofberger, Bav?ar e il critico d'arte Castor Seibel, per citare solo alcuni dei soggetti.
Durante un seminario dedicato all'arte spagnola degli ultimi cinquant'anni organizzato dalla Universidad Internacional Ménendez y Pelayo di Santander, visita le grotte di Altamira in Cantabria che sono la testimonianza più importante e famosa dell'era paleolitica, oggi patrimonio mondiale dell'umanità riconosciuto dell'UNESCO. Il soggiorno ad Altamira riconferma l'interesse per la pittura su tela in rilievo evidente nella produzione di una serie di opere dedicate agli ateliers di artisti.

1994-1995
Nonostante i molteplici viaggi Barceló accentra la sua attività nel Mali realizzando vari disegni di cui alcuni in rilievo ed altri rosicchiati dalle termiti, e a Parigi ed a Maiorca dove produce una nuova serie di nature morte.
La Whitechapel Art Gallery di Londra gli dedica un'importante retrospettiva comprendente gli anni dal 1984 al 1994 che viene presentata l'anno successivo all'Institut Valencià d'Art Modern (IVAM) della città omonima.
Durante il periodo estivo in sosta a Maiorca intraprende una nuova serie di bodegones (nature morte) denominata In Extremis e completa l'immensa tela Ball de la Carn (285 x 725 cm).
Durante il suo soggiorno nel Mali nel 1995 realizza le prime terrecotte (Pinocchio mort, Two Torsos, Tête d'Amo, ecc.) preparando egli stesso l'impasto con paglia tritata e tegole rotte che lascia macerare nell'acqua per diversi giorni. Realizza poi alcuni pezzi e li cuoce in un forno a cielo aperto ad una temperatura di 400°C, ciò che ne spiega la fragilità.

1996-1998
Nel 1996 la Galerie National du Jeu de Paume e il centro Georges Pompidou organizzano un'esposizione del lavoro di Barceló.
Produce una serie di dipinti ispirati alle scene subacquee, viaggia in Egitto e alla fine dell'anno si trasferisce ad Artà nello studio del ceramista Jeroni Ginard dove si cimenta con le tecniche tradizionali della terracotta e della ceramica.
Mentre è nel Mali nel 1997 dipinge, per la prima volta, tele di media grandezza mischiando la sua pittura con materiali quali la terra, il fango e i pigmenti naturali.
Durante l'estate alterna la sua attività tra pittura e ceramica lavorando sempre nello studio di Ginard.
Si reca in Patagonia per l'esposizione al Centro Recoleta di Buenos Aires e di rientro a Maiorca continua a lavorare intensamente con la ceramica producendo grandi pezzi che fonderà in seguito in bronzo.
La produzione degli ultimi dieci anni è presentata al Museu d'Art Contemporani di Barcellona nel 1998.
Su invito del consiglio comunale di Palermo, si reca nella capitale siciliana per poter assistere al Festival sul Novecento e allestisce un atelier nella chiesa sconsacrata di Sant'Eulalia dei Catalani, nel quartiere del mercato della Vucciria, dove realizza grandi disegni su giornali ricoperti di bianco e sui muri della chiesa ed espone ceramiche create a Maiorca.

1999
Sempre diviso tra Europa e Africa, dove sperimenta la pittura su lenzuola e coperte, Barceló esegue numerosi disegni e terrecotte. Continua a cimentarsi con nuove tecniche di lavorazione della ceramica nello studio di Ginard a Maiorca così come nell'atelier di Armelle e Ugo Jakubec a Durtal in Francia nei pressi di Angers per la mostra al Musée des Arts décoratifs di Parigi.
A Parigi Barceló s'insedia in un capannone ferroviario in disuso che adibisce ad atelier nel quale esegue sculture di grandi dimensioni, mentre a Madrid il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia ospita un'esposizione dei suoi lavori su carta eseguiti dal 1979.


2000-2001
Dopo una breve sosta a Lanzarote, dove produce una serie di incisioni, ed un nuovo soggiorno nel Mali, in primavera si reca a New York e nel Guatemala e a giugno si trasferisce all'Hotel Terminus-Nord di Parigi.
Durante il mese di marzo del 2001 Barceló soggiorna alle Canarie sulla Isla Graciosa e produce una serie di dipinti incentrati sul tema del mare, poi esposti alla Timothy Taylor Gallery di Londra.
In primavera realizza alla fonderia Clementi di Meudon una scultura in bronzo, Mobili, creata a partire dall'ingrandimento di un cranio di scimmia.
In Italia a Vietri sul Mare, località distante una cinquantina di chilometri da Napoli, celebre per la solida tradizione della lavorazione della creta, realizza diverse ceramiche e la maquette del progetto per la cattedrale di Palma di Maiorca.

2002
A Vietri, nello studio del ceramista Vincenzo Santoriello, continua a lavorare alla realizzazione della pannellatura in ceramica destinata alla cappella di San Pedro della cattedrale di Palma.
In aprile si apre la mostra Miquel Barceló. Mapamundi alla Fondation Maeght a Saint Paul-de-Vence, con più di 130 pezzi prodotti a partire dal 1990. Inoltre, nel corso dell'anno illustra la Divina Commedia di Dante Alighieri, edita dal Círculo de Lectores che pubblica il primo volume, 'Infierno', in novembre.
In autunno, la Galleria Nazionale d'Arte Moderna (GNAM) di Roma organizza la mostra L'atelier di Miquel Barceló. Quindi l'artista progetta la scenografia e i costumi per Il ratto del serraglio (K 384) di Wolfgang Amadeus Mozart.

2003-2004
Per completare la fase iniziale del suo lavoro per la cappella di San Pedro, Barceló soggiorna a Vietri tra gennaio e giugno.
Vengono presentati al grande pubblico gli altri due volumi della Divina Commedia: Purgatorio e Paradiso sempre con le sue illustrazioni.
In ottobre riceve il premio Prince Asturias Prize for the Arts.
La casa editrice Promeneur-Gallimard pubblica Carnets d'Afrique, una selezione di quaderni di appunti che Barceló ha tenuto in Africa tra il 1988 e il 2000.
In dicembre apre la retrospettiva organizzata dalla Sociedad Estatal para la Acción Cultural Exterior (SEACEX) alla Pinacoteca Do Estado de Sâo Paulo che, in seguito, verrà presentata ad Hannover, a Monterrey e Città del Messico.
Nel Mali, nel gennaio del 2004, Barceló completa una serie di acquerelli.
Da aprile a luglio il museo del Louvre presenta, come parte della mostra Dante et Virgile aux enfers d'Eugène Delacroix, una selezione di disegni originali eseguiti per illustrare la Divina Commedia.
Al Louvre, in giugno, vengono pure presentati i dipinti più recenti insieme ad un'opera di Anne Vallayer-Coster appartenente alla collezione del museo.
Nell'ambito della fiera internazionale del libro di Guadalajara, e con la Catalonia quale nazione d'onore, le illustrazioni di Barceló per la Divina Commedia sono esposte alle University of Guadalajara's Museo de las Artes.
Compiuta la prima fase del progetto per la cattedrale di Maiorca conclude la posa del rivestimento in ceramica e riparte per l'Africa in dicembre.

2005-2006
In gennaio è a Parigi, poi a New York per l'inaugurazione della sua personale alla C&M Gallery. Tra febbraio e maggio visita Monterrey e Città del Messico poichè la mostra itinerante della SEACEX si ferma rispettivamente al Museo de Arte Contemporáneo e al Museo Rufino Tamayo. Sempre in maggio lo spazio Kubo di San Sebastian ospita una mostra delle opere più recenti.
In autunno, alla fiera del libro di Francoforte, viene presentata la pubblicazione La Catedral bajo el mar, un volume che evidenzia il processo creativo nella realizzazione del murale della cattedrale di Maiorca. In effetti la seconda fase del progetto si concretizza a fine anno.
All'inizio del 2006 Barceló è a Bamako, nel Mali quale insegnante nel Conservatoire des Arts et Métiers Balle Fasseké Kouyaté.
Durante l'estate, nell'ambito del Festival d'Avignon, Barceló presenta insieme al coreografo ungherese Josef Nadj la performance "Paso doble" nell'Église des Célestins, dove espone anche una serie di ceramiche.
Le forze e le energie di Barceló sono concentrate oggi alla realizzazione della cappella di Sant Pere nella cattedrale di Palma di Maiorca.



Miquel Barceló
Biography

1957-1973
Miquel Barceló was born on 8 January 1957 at Felanitx on the island of Majorca, of Miquel Barceló (the artist bears the same name as his father) and Francisca Artigues. He was the firstborn, and has a brother and a sister. The young Miquel was introduced to painting by his mother, herself an amateur artist who favoured the traditional style of the local landscape painters, who, obviously, found inspiration in the characteristic Mediterranean climate, the intense light, and the variegated scenery ranging from desolate lands, to green countrysides, coasts, highlands, cliffs, wide sandy beaches and splendid inlets. Barceló passed his childhood and adolescence at Felanitx, finishing his high school studies in 1973 with a diploma from the school specialized in scientific studies.

1974-1975
In 1974, At the age of seventeen, Barceló made his first trip to Paris; here he discovered the work of Paul Klee, Jean Fautrier, Wols (pseudonym of Otto Wolfgang Schultze), and Jean Dubuffet. He also came into contact with art brut that had a powerful impact on the young man.That year, he attended the Escuela de Bellas Artes y Oficios at Palma de Majorca, learning the techniques of drawing and modelling. In 1974 he also held his first solo exhibition at the Galería d'Art Picarol at Cala d'Or.
Barceló enroled at the Escola Superior de Belas Artes de Sant Jordi at Barcelona in 1975, and though he remained on the registers through spring 1978, he had been disappointed by the academic climate and only attended lessons for the first few months.
Curiosity prompted him to experiment with the use of various materials, such as the wooden crates he packed with disparate objects and organic materials.
Feeling a need to broaden his horizons and his cultural outlook, he read André Breton and other surrealists on the subject of art, Lucio Fontana's Manifiesto Blanco, and Arnold Hauser's Social History of Art. On the pictorial plane, Barceló was fascinated by the output of the spatialist movement's founder, Fontana, and by the abstract canvases of Mark Rothko.

1976
He participated in the happenings and the protests organized by the Majorcan conceptualist group Taller Llunátic, which opposed Spain's socio-political status-quo in that historic period, and the relative official art scene, for which Barceló demanded renewal. The association's organ of information was the journal Néon de Suro, the sixth issue of which, entitled Jeroglífics muts - mute hieroglyphics - the artist oversaw.
He was only nineteen years old when he held his first official solo exhibition. Entitled Cadaverina 15, it was organized at the Palma de Majorca museum and proposed to the visitor a meditation on the theme of metamorphosis, a subject of primary importance in Barceló's output of this period. This project gradually persuaded the artist to explore a more direct relationship between the theme chosen and the materials used in the creation of his paintings.

1977-1979
In the course of the summer 1977 he joined forces with groups of ecologists and anarchists and took part in the occupation of the Sa Dragonera island, to the west of Majorca: a scheme to fight out-of-control urbanization. Once the purpose was achieved, all the inhabitants abandoned the island except Barceló, who stayed on for another two weeks living in a lighthouse and working with materials picked up in the surrounding area.
In 1978 he returned to Paris to visit, first of all, the collections in the Musée National d'Art Moderne, where he admired the American abstract impressionist paintings - which had a powerful impact on him - and then the Musée du Louvre, where he was fascinated by the baroque painting.
In 1979 Barceló visited the collective exhibition mounted at the Museo de Arte Contemporáneo in Madrid to commemorate the fiftieth anniversary of the New York Museum of Modern Art (MoMA). His attention was caught in particular by the works of Jackson Pollock, Willem De Kooning, Robert Ryman, and Cy Twombly.
From this time, he started experimenting with large quantities of paint that he spread on the canvas and intentionally exposed to weathering; his aim was to produce any kind of spontaneous reaction, such as oxidation, craquelure, and spotting that would reveal the underlying layers of paint. He kept trying out different combinations of traditional painting materials with organic elements.

1980
Curious about Pollock's ideas on gesture, Barceló tried out the dripping technique, typical of action painting.
He did a series of illustrated books, included one of iron, which he presented to the public the following year at the Galería Metronom in Barcelona; he also illustrated the volume of poetry L'ésser fosc, by Andreu Morell. He met the Catalan painter, sculptor and ceramist Joan Miró, who invited the young artist to his studio at Palma di Maiorca.
Together with Xavier Mariscal he stayed in touch with Lluis Claramunt, Bruno Fonseca, Xavier Grau, José Manuel Broto, and Ferrán García Sevilla.
Thus, the first figurative images began to show up in Barceló's paintings: columns of smoke, books, and zoomorphic figures.

1981-1983
Of fundamental importance was the group show Otras figuraciones organized in 1981 at the Fundación "la Caixa", Madrid, by Spanish curator María de Corral, who introduced Rudi Fuchs to Barceló's work. Fuchs was appointed artistic director of Documenta 7 and the following year invited the artist to participate in the prestigious art show in Kassel; thus, aged just twenty-five, the artist had reached the top in the international art world.
Recognition for the first time outside of Spain arrived with his first solo exhibition in 1982 at the Galerie Axe Art Actuel in Toulouse, Barceló met the Parisian art collector and dealer Yvon Lambert, as well as Jean-Louis Froment, who, as director of the Musée d'art contemporain in Bordeaux (capc), purchased several works.
Following the offers he received in Kassel, Barceló settled in Naples for five Months in 1983 to prepare a show for the gallery of Lucio Amelio, who wished to offer the public a series of works made with Vesuvian ashes and local pigments similar to those used in the Pompeii frescos.
The artist also made a painting of monumental size, L'ombra che trema (300 x 600 cm), which was included in the Terrae Motus exhibition at Villa Campolieto the next year.
At a later exhibition, at the Galerie Yvon Lambert in Paris, where he presented a group of paintings on the libraries theme, he met the Zurich gallerist Bruno Bischofberger, who bought most of the paintings in the show. Bob Calle, denizen of the French artistic scene of the second half of the twentieth century, was also there, and purchased Le jugement de Salomon, on behalf of the Société des Amis du Musée National d'Art Moderne (MNAM) at the Centre Georges Pompidou in Paris.
After a short trip to New York, where he posed for a portrait by Andy Warhol, Barceló visited Cy Twombly in Rome, city to which he would often return.



1984-1985
In 1984 Barceló stayed with Mariscal in Portugal, at Vila Nova de Milfontes, for four months, working en plein air, mixing pigments with sand, seaweed, and other materials picked up on the beach, to make canvases with seascapes and scenes of the sea. His first encounter with Cécile Franken, his future wife, dates from this year.
Bischofberger invited him to show his works, for the first time, in the Zurich gallery, and took over as the artist's exclusive dealer, launching an alliance that has continued to the present day.
The artist received an invitation to participate in the Aperto section of the Venice Biennale, where, under the direction of Maurizio Calvesi, the "art of the arts" was examined.
Kynaston McShine, the curator of the New York Museum of Modern Art, included Barceló in a show he organized to introduce in the United States the most interesting artists of the moment on the international scene.
In 1985 plans were put into effect for a travelling show commissioned by Froment, and the artist's works went on view at the Musée d'art contemporain in Bordeaux, the Palacio de Velázquez in Madrid, and all the way to the Boston Institute of Contemporary Art.
He continued to make paintings with libraries, the Louvre, and the world of cinema as their subject.

1986
Barceló purchased a hunting lodge at Cap Farrutx on Majorca, and after converting it into a home and studio, settled there and started work inspired by kitchens, Chinese restaurants, and his first whirlpools/vortices.
The work Big Spanish Dinner of 1985, which represents the Spanish traditions and culture, was purchased by the Museo Español de Arte Contemporáneo and today is part of the collection of the Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía in Madrid.
In November he travelled to New York for his first show at the Leo Castelli Gallery, and he rented a studio in Greenwich Village where he worked until the following summer. His output, at first focussed on the theme of light, gradually shed all anecdotal and narrative elements.
When he was not quite thirty years old, with an intense artistic experience behind him, he was decorated with Spain's prestigious cultural award, the Premio Nacional de Artes Plásticas de España.

1987-1988
He left the "Big Apple", returned to Paris in 1987, and rented a new studio in the 19th arrondissement, in Rue David d'Angers, where he did canvases with holes and crevasses as their subject.
Together with Mariscal, Pilar Tomás, and Jordi Brió Barceló made his first trip to Africa in 1988. He crossed the Sahara and settled on the banks of the Niger River, at Gao, in the republic of Mali, a landlocked nation of Western Africa, largely flatlands bordering on the desert to the north and savanna to the south. At one of the busiest outposts of the Sahara, he met the Malian sculptor Amahigueré Dolo, whose work is steeped in the Dogon culture and mythology; they soon became work mates and friends. Barceló decided to extend his stay in Africa for another six months to explore Mali and the neighbouring areas of Senegal and Burkina Faso. From the very start in Africa, he drew fundamental knowledge for making new pigments, despite the difficulties caused by the extreme heat, the dust, sandstorms, and termites. The works from this period are mostly drawings made with local pigments and the river sediment. The Mali landscape is characterized by broad plains and lowlands, rocky formations, and desert mirages, which became recurrent themes in Barceló's work. Once back in Europe, he divided his time between Paris, Majorca, and Mali.

1989-1990
A selection of his African output of small-format drawings and paintings was put on show in 1989 at the Galería Dau al Set in Barcelona, while Galerie Bruno Bischofberger published the volume In Mali, which reproduced a broad selection of the drawings done in Africa, along with some of Barceló's writings during his stay there.
He spent the winter in Mali, where he stayed on for five months, during which time he also travelled to the Ivory Coast, a place that, compared to the poverty of the territories already seen, seemed to be one of the most prosperous nations of Western Africa.
In 1990 he designed the costumes and the set for the musical drama El Retablo de Maese Pedro by Spanish composer Manuel de Falla, directed by Jean-Louis Martinity for the Opéra Comique in Paris. Barceló spent two weeks four thousand metres above sea level in a refuge in the Swiss Alps, and he painted a series of landscapes inspired by the glaciers. Barceló, Eduardo Chillida, and Antonio Saura were among the participants in a cycle of conferences entitled El Museo del Prado visto por los artistas españoles contemporáneos. Their collaboration led to the publication of a collection of graphic works aiming to put into practice the considerations the Spanish aritsts had already expressed about the Prado. The museum took these works in 1991 and showed them at an exhibition organized by Francisco Calvo Serraller. Barceló left again for Mali.

1991
With Dolo he built a fifteen-metre long canoe, and together with some Bozo fishermen set out on the Niger River, planning to cover the fourteen hundred kilometres separating Segou and Gao in two weeks. The journey actually took about one month and coincided with the outbreak of the civil war, which threatened to block the travellers' progress. The experience allowed Barceló to translate onto paper the life of the "river of rivers", its flora, its fauna, and to represent the settlements along its banks or the long Nigerian pirogues that ply up and down it. The artist tried to convey the intensity of the images he was confronted with and the vitality of the indigenous tribes who survived extreme poverty resorting to every means. The small pictures he made have a profoundly physical impact, and seem to suck up every kind of waste, small skeletons, carcasses, the springboards for the inspiration and the execution of the image. It is almost as if his canvases seek to englobe, devour, and digest reality.
Back in Europe, Barceló did not let himself be caught up by the artists who were asking themselves how to paint and how to transpose their reality into art: he preferred to continue with the representation of his African experiences, in a series of paintings showing the large pine trees of the Niger and life along the river.
He started working in his new Paris studio in the Marais quarter, where for two years most of his output was dedicated to bodegones (still lifes), sometimes in the form of mesas digestivas (digestive tables).

1992-1993
Galerie Bruno Bischofberger presented Barceló's first bronze sculptures at the ARCO - Feira Internacional de Arte Contemporáneo in Madrid in 1992, and published the novella Too Far from Home by the American writer and composer Paul Bowles, in which Mali's dust storms are described and 28 watercolours illustrate them.
Barceló worked together with the blind Slovenian writer and photographer Evgen Bav?ar to make a book of erotica written in Braille and illustrated with lithographs and engravings in relief, entitled Les tentes demontées ou le monde inconnu des perceptions, published in January 1993.
Again he travelled to Mali and inaugurated a home-studio in Cogoli, in Dogon territory. By accident, some of his drawings were damaged by termites, giving him the idea for further experiments.
In Paris the photographer Jean-Marie del Moral presented in 1993 Les ateliers de Barceló, a 26-minute documentary produced by Arkadin with the participation of the Ministry of Culture and Communication (DAP); it is a travel diary with particular attention to stopovers at ateliers around the area of Buttes Chaumont, in Majorca, and in Mali. The film reconstructs the artist's itinerary, with all the turning points, the doubts, the explorations, the traces of memory of places and times.
He began a series of portraits on canvas the surface of which was shaped to hold metal structures that depict his wife Cécile, Bischofberger, Bav?ar, and art critic Castor Seibel, to mention just a few of his subjects.
During a seminary dedicated to Spanish art of the past fifty years, organized by the Universidad Internacional Menéndez Pelayo at Santander, he visited the Altamira cave in Cantabria, famous for its paleolithic paintings, today declared by Unesco a World Heritage Site. The stay in Altamira confirmed Barcelós interest in relief painting on canvas, first evidenced in a series of works dedicated to artists' studios.

1994-1995
Notwithstanding Barcelós many trips, he concentrated his activity, on the one hand, in Mali, doing several drawings, some in relief and others nibbled at by termites, and, on the other, in Paris and Majorca, where he produced a new series of still lifes.
The Whitechapel Art Gallery in London dedicated an important retrospective to him covering the decade from 1984 to 1994, reproposed the following year at the Institut Valencià d'Art Modern (IVAM) in Valencia.
During the summer, while staying in Majorca, he presented a new series of sculptures and relief paintings at the Galería Soledad Lorenzo in Madrid, and he started a new series of bodegones (still lifes) entitled In extremis; he also completed the immense canvas Ball de carn (285 x 725 cm).
During his stay in Mali in 1995, he did his first terracottas (Pinocchio mort, Two Torsos, Tête d'Amo, etc.), personally seeing to the preparation of the clay with chopped straw and broken roof tiles that he left to soak in water for several days. He then made a few pieces and baked them in an open-air kiln at a temperature of 400°C., which explains their fragility.

1996-1998
In 1996 the Galerie Nationale du Jeu de Paume and the Centre Georges Pompidou organized an exhibition of Barceló's work. He did a series of paintings inspired by undersea scenes, travelled to Egypt, and at year's end moved to Artà (on Majorca) to Jeroni Ginard's studio, where he tried out traditional techniques of working with terracotta and ceramics.
While in Mali in 1997, for the first time he painted medium-sized canvases, mixing his colours with such other materials as earth, mud, and natural pigments.
In the summer, he alternated between painting and ceramics, still at Ginard's studio.
He went to Patagonia for the show at the Centro Cultural Recoleta in Buenos Aires; upon his return to Majorca, he continued to work intensely with ceramics, making large pieces that he would later cast in bronze.
His output of the previous ten years was shown at the Barcelona Museu d'Art Contemporani in 1998.
Invited by the Palermo town council, he visited the Sicilian capital to attend the Novecento festival. He set up a studio in the deconsecrated church of Sant'Eulalia dei Catalani, in the Vucciria market district, where he did large drawings on newspapers covered with white, and on the walls of the church, and he showed his ceramics brought from Majorca.

1999
Continuing to divide his time between Europe and Africa, where he experimented with painting on bedsheets and covers, Barceló did several drawings and terracotta pieces.
He continued to experiment with new ceramic techniques in Ginard's studio in Majorca, and in Armelle and Ugo Jakubec's atelier in Durtal, France, near Angers, for the show at the Paris Musée des Arts décoratifs.
In Paris, Barceló settled in an abandoned railway depot, fitting it out as an atelier where he worked on sculptures of large dimensions, while in Madrid, the Museu Nacional Centro de Arte Reina Sofía hosted an exhibition of his works on paper from 1979 on.

2000-2001
After a brief stay at Lanzarote, the easternmost of the Canary Islands, where he produced a series of etchings, and another visit to Mali, in the spring he travelled to New York and thence to Guatemala. In June, he moved to the Hôtel Terminus-Nord in Paris.
During the month of March 2001, Barceló stayed in the Canary Islands on Isla Graciosa, and he made paintings focused on the theme of the sea; these were later shown at the Timothy Taylor Gallery in London.
In the spring he made a bronze sculpture, Mobili, at the Clementi foundry in Meudon, created from the enlargement of a monkey's cranium.
In Italy, at Vietri sul Mare, some fifty kilometres from Naples and famous for its solid tradition in pottery work, he made various ceramics and the maquette for the Palma de Majorca cathedral project.

2002
At Vietri, in the studio of potter Vincenzo Santoriello, he continued to work on the ceramic panelling for the Saint Peter Chapel in the Palma cathedral.
In April, the Miquel Barceló: Mapamundi show opened at the Fondation Maeght at Saint-Paul-de-Vence, with over 130 pieces made since 1990. Also, in the course of the year he illustrated Dante Alighieri's Divina Commedia, published by the Círculo de Lectores, which released the first volume, Infierno, in November.
In the fall, the Galleria Nazionale d'Arte Moderna (GNAM) in Rome organized the show entitled L'atelier di Miquel Barceló. Then the artist designed the costumes and set for The Abduction from the Seraglio (K 384), a Singspiel in three acts with music by Wolfgang Amadeus Mozart for the Festival d'Aix-en-Provence.

2003-2004
To complete the initial phase of his work for the Saint Peter Chapel, Barceló stayed in Vietri between January and June.
The other two volumes of the Divine Comedy, Purgatory and Paradise, both with his illustrations, were released to the public.
In October he was awarded the Prince of Asturias Award for Art.
The publisher Promeneur-Gallimard released Carnets d'Afrique, a selection of notebooks that Barceló kept in Africa between the years 1988 and 2000.
In December was the opening of the retrospective organized by the Sociedad Estatal para la Acción Cultural Exterior (SEACEX) at Pinacoteca do Estado de São Paulo; later it would travel to Hannover, Monterrey, and Mexico City.
In Mali, in January 2004, Barceló finished a series of watercolours.
From April to July, the Musée du Louvre presented as part of the Dante et Virgile aux enfers d'Eugène Delacroix show a selection of the original drawings done to illustrate the Divina Commedia. Again at the Louvre, in June, one of the most recent painting, together with a work by Anne Vallayer-Coster belonging to the museum collection, were put on show.
Within the context of the international book fair at Guadalajara, and with Catalonia as the nation of honour, Barceló's illustrations for the Divina Commedia were put on display at the University of Guadalajara's Museo de las Artes.
Having completed the first phase of the design for the Majorca cathedral, he finished the installation of the ceramic panels and left for Africa in December.

2005-2006
In January, he was in Paris, and then he was off to New York for the inauguration of his solo show at the C&M Arts. Between February and May, he visited Monterrey and Mexico City, since the SEACEX travelling show touched down respectively at the Museum of Contemporary Art and at the Rufino Tamayo Contemporary Art Museum. In May, the Kubo space in San Sebastián hosted a show of the most recent works.
In the fall, at the Frankfurt book fair, the book La Catedral bajo el mar was presented, a volume that focusses on the creative process in the realization of the Majorca cathedral mural, illustrated with photographs by Augustí Torres. And the second phase of the design was realized at the end of the year.
At the start of 2006, Barceló was at Bamako, in Mali as a teacher at the Conservatoire des Arts et Métiers Balle Fasseké Kouyaté.
The ceramics created at Vietri between 2002 and 2003 were shown at Cologne.
During the summer, at the Festival d'Avignon, Barceló, together with choreographer Josef Nadj, presented the performance Paso doble in the Eglise des Célestins, where a series of ceramic works was also put on display.
At present Barceló is concentrating on the third and final phase of his ambitious project for the Palma cathedral.

 


Sezione di testo tratti dal saggio
LA REDENZIONE DELLA QUOTIDIANITÀ
Tratto dal saggio in catalogo di Rudy Chiappini


"Miquel Barceló, più di ogni altro artista del nostro tempo, riesce, con la semplicità e la naturalezza dei grandi comunicatori, con la straordinaria misteriosa forza di pochi predestinati visionari a trasmettere attraverso la sua pittura sensazioni profonde, primigenie, che portano in sé le stigmate delle stratificazioni del tempo e le inquietudini esistenziali dello scorrere dei giorni."

[...]

"Se si tratta di manifestare una condizione Barceló lo vuole fare dal di dentro, scendendo al cuore del linguaggio, in quel momento costitutivo della forma che precede il farsi della pittura allorché ogni immagine in fieri si compatta nello stringersi in un'unità di pulsioni, angosce e illuminazioni sull'automatismo del segno e nel coagularsi della materia attorno ai fantasmi reali dell'esistenza."

[...]

"Nei quadri di Barceló il linguaggio, eludendo le forme del racconto, si fisicizza, produce una poesia materica, che si basa sul gesto espressionista, sul reticolo di segni corporali e naturali, su presenze simboliche e allegoriche, su reliquie organiche, dando origini a immagini che, sottratte al processo di un'esistenza gravida e pesante, diventano effigi della nostra storia."

[...]

"La sua arte anticonformista, percorsa da accenti di profonda liricità ma capace d'impennate violente fino alla brutalità, è libera e indipendente dalle ideologie convenzionali e dalle abituali associazioni tematiche. È la pittura degli estremi e al tempo stesso il luogo dove gli estremi confluiscono e diventano un tutt'uno, organismi e strutture umane animali e vegetali."

[...]

"Nel suo fare, l'artista percuote e ferisce la tela, sperimenta integra e accumula velocemente e con passione elementi naturali di vario genere, polveri, pigmenti, cortecce, frammenti d'ossa, quasi il dipinto fosse un organismo vivente che cresce, si sviluppa e prende forma di fronte ai suoi occhi. La materia deve pulsare di vita e partecipare di una fabbricazione dell'esistere, ha un suo specifico irripetibile, possiede virtù nascoste ai più [...]. Ne scaturiscono immagini nuove, assolutamente originali."



Sezione di testo tratti dal saggio
IN CAMMINO CON BARCELÓ
Tratto dal saggio in catalogo di Dore Ashton

"Nonostante la propensione al nomadismo, Barceló porta sempre con sé la grande tradizione pittorica europea. Per quanto mi consta, ha un posto assicurato nella storia dell'arte, un posto che, a mio parere, s'inserisce saldamente nella tradizione barocca."

[...]

"Se Barceló può essere visto come erede della grande tradizione barocca spagnola, altrettanto facilmente lo si può considerare un prosecutore del grande ethos romantico ottocentesco, all'interno del quale così tanti pittori e poeti hanno adottato la metafora del vento-arpa, vedendo se stessi come corde sensibili su cui suonano le forze della natura."

[...]

"Una caratteristica saliente dell'opera di Barceló è giustamente il suo aggressivo tentativo di vincere la resistenza dell'osservatore attraverso la profusione, le grandi dimensioni e immagini onnicomprensive che introducono lo spettatore nel brulicante universo della sua esperienza pittorica. Nei mondi che crea, Barceló è per gran parte del tempo mezzo dentro e mezzo fuori, come lo è ogni artista intelligente, ma per lunghi intervalli si rinchiude anche nel suo sogno prolungato."

[...]

"Barceló, che all'attività nell'atelier accompagna un'intensa scrittura di taccuini e continui viaggi, si muove sempre fra il mondo della pittura e quello delle parole, fra il dentro e il fuori. La sua attività creativa nel suo complesso - si tratti di scrittura, pittura, ceramica, scultura o disegni - può essere vista come un Bildungsroman: un dominio delle energie di ogni giorno che lo portano al contempo a un estremo coinvolgimento nell'esperienza creativa con i materiali ma anche ad assumere un distacco, per poter riflettere."

[...]

"Nonostante si serva di una grande varietà di materiali, organici e inorganici, Barceló si considera prima di tutto e soprattutto un pittore. Un pittore, in effetti, appartenente a una grande famiglia di pittori che risale fino ai maestri veneziani."

[...]

"Barceló ha un'acuta consapevolezza delle insidie che si celano nella vita di un pittore, che sono poi le stesse in tutte le arti. È nella natura della sua pratica che l'artista abbandoni ogni speranza di raggiungere risultati risolutivi. Ogni opera chiama all'appello la successiva, inesorabilmente. Nel suo costante riconsiderare il proprio compito, Barceló è attento a sorvegliare ogni sua mossa."

[...]

"Nel 1988 Barceló compie il suo primo viaggio in Africa, attraversa il deserto per raggiungere il Mali, dove si espone agli elementi e dove, una volta di più, riconsidera il proprio compito. A chiunque legga i suoi diari africani risulterà evidente che gli ostacoli incontrati in un ambiente non cosmopolita hanno costituito per lui degli stimoli a tutti i livelli."

[...]

"L'intensa esperienza africana di Barceló sembra avere caricato di un nuovo sentimento la sua vita emozionale: una consapevolezza della tragedia che il giovane enfant terrible degli anni passati non poteva avere interiorizzato."

[...]

"Se si guarda all'opera complessiva di Barceló, risulta ovvio che per lui il mondo e tutti i suoi fenomeni cambiano al minimo spostamento dello sguardo; che il suo interesse per il grande sensorio non viene mai meno e può anzi costantemente rinnovarsi."

[...]

[Joan] Miró affermava: "Lavoro come un giardiniere". Barceló afferma: "Lavoro come un panettiere". Molto prima di dedicarsi seriamente alle sculture in ceramica, le cui procedure sono molte vicine a quelle seguite da un maestro panettiere, Barceló aveva dichiarato la sua affinità con il panettiere che, nei panni di Barceló, lavorava "fra il Louvre, la bottega e la biblioteca". Da allora le sue attività di panettiere si sono ampliate enormemente, culminando (almeno per il momento) nella splendida realizzazione dei grandi pannelli di ceramica traboccanti di luce e colore che compongono la cappella di San Pedro all'interno della cattedrale di Palma. A Palma, gli ingredienti del suo pane si sono decisamente moltiplicati, dimostrando con abbondanza che un catalano da un sasso caverà il pane."

 


Sezione di testo tratti dal saggio
MIQUEL BARCELÓ
Tratto dal saggio in catalogo di Francisco Calvo Serraller


"Barceló, nato nel 1957, aveva 18 anni alla morte del generale Francisco Franco e, sebbene l'inizio della sua carriera artistica sia stato molto precoce, la sua repentina proiezione pubblica è avvenuta all'inizio degli anni ottanta, fatto che l'ha convertito in uno dei primi testimoni della generazione d'artisti sorta durante il nuovo periodo democratico spagnolo, generazione di artisti che, diversamente dalle precedenti, è cresciuta senza la zavorra del carattere spagnolo sulle spalle e ha impostato la propria esistenza e la propria carriera artistica in maniera cosmopolita."

[...]

"Barceló non è solo un pittore, ma è un pittore "pittorico" o, per dirla in maniera più corretta, "pittoricista", una razza che, fra l'altro, si trova in via d'estinzione almeno dall'Ottocento, quando l'igienico realismo ottico dei protestanti olandesi si fece valere sul realismo tattile, materico, dei realisti cattolici, avidi di affondare le mani nella materia, e che, come l'incredulo san Tommaso, hanno bisogno di introdurre le dita nella ferita per credere a ciò che vedono. La folle passione di Barceló per l'organico l'ha portato a mischiare ai colori ogni genere di resti in decomposizione, come se non potesse calmarsi senza essersi prima assicurato del carattere assolutamente corruttibile della materia pittorica, dovuto al suo stato permanente di cambiamento o trasformazione."

[...]

"Come isolano dell'entroterra, la terra e il mare sono cruciali per Barceló, ma anche la compressione e la dilatazione dello spazio. In questo senso Barceló è un artista molto "femminile", molto tellurico e, ancora più e ancora meglio, ctonio. Molto di terra profonda, d'acqua e di fango. Molto metamorfico. Molto organico. Molto incomodo. Molto legato alla natura, sempre in ebollizione e in trasformazione. Nei suoi dipinti è difficile distinguere l'esterno dall'interno, che in tanti casi si sovrappongono o s'incrociano. Infatti, in uno dei suoi paesaggi si possono giustapporre una barca scossa dalle onde marine e una biblioteca, senza che sia possibile sapere quale sia lo scenario reale e quale quello immaginario, quale dei due rimandi all'altro. Inoltre in questi scenari paralleli, l'uno si contrae e l'altro si dilata, Barceló introduce anche la diagonale vertiginosa, lo spazio trafitto da un coltello che apre un solco di luce. Da qui il gusto per le gallerie e le grotte. L'amore per Tintoretto, Hubert Robert, John Martin o Eugène Delacroix. Come Pollock, Barceló adora avere il muro come pavimento e, come Dubuffet, imbrattare lo fa impazzire. Impregnata di materia che la ingravida, la sua opera nasce da un parto ed è una creatura informe che deve maturare per conto suo. Disegnatore di grandissimo talento, rapido e incisivo, ma dalla pennellata impartita verticalmente, alla maniera giapponese - disegnatore, dunque, anche pittoricista - il suo tocco leggero e vivace si è emancipato progressivamente dal lento e denso processo d'impasto della materia. Questa divergenza è stata molto interessante perché, per quanto concerne il lavoro lento della materia, Barceló si è convertito dapprima in uno speleologo, esploratore di grotte profonde con stalattiti e stalagmiti, e dopo, in modo definitivo, in un ceramista, un fornaio del fango."

[...]

"La pittura di Barceló è gravida, pesante, orografica, accidentata, ricca di rilievo. Materia pittorica ammassata da un panettiere; ossia: materia pittorica da scolpire."

[...]

"Barceló si situa fra i plastici, categoria che non solo denota una particolare tecnica - quella della materia che si lascia plasmare e modellare - ma che include gli artisti più attenti alla vita, all'istante, all'espressività, all'effimero, al variabile, al caduco."

[...]

"Il panettiere-sciamano Barceló, artista della materia, abitante di chiese, duomi, capanne e musei, è certo un caso abbastanza peculiare del panorama artistico attuale. In primo luogo per la sua implicazione intempestiva nella plasticità dell'arte, ma anche per la sua resistenza a perdere di vista il simbolico o, in altre parole, il senso narrativo dell'arte."

[...]

"Barceló ha scoperto interazioni artistiche più ricche e complesse con il passare del tempo, interazioni relazionate alla sua identità antropologica e alle sue eccentriche deambulazioni. Le une e le altre lo allontanano dall'attualità, ma soprattutto perché il suo mondo, l'insieme delle sue aspirazioni, non entra in questa fascia così stretta dove si pesca solo con la lenza. In tal senso, può darsi che il tratto artistico più spagnolo di Barceló non sia la sua maggiore o minore affinità con i maestri antichi o contemporanei della scuola spagnola, ma la sua vocazione per l'intempestività."


Sezione di testo tratti dal saggio
IN EXTREMIS
Tratto dal saggio in catalogo di Enrique Juncosa


"Se osserviamo in modo attento i temi della pittura di Miquel Barceló, [notiamo] che ha manifestato una speciale predilezione per la natura morta e le sue implicazioni: la transitorietà di tutto e la corruzione della carne. Le sue nature morte possono essere estremamente ascetiche [...] ma anche meravigliose composizioni epiche."

[...]

"Molti dei suoi quadri parlano di appetiti insaziabili e di limiti fisiologici. La creazione porta in sé anche il decadimento. La vita presuppone la morte. L'attività pittorica rappresenta per Barceló quello che è la letteratura per Truman Capote: un tentativo iperbolico di trattenere il tempo che pare essere il risultato di un'ansia creativa estrema."

[...]

"Benché Barceló sia più conosciuto a livello internazionale di altri artisti spagnoli, le radici delle sue opere sono totalmente mediterranee. Ciò non toglie però che si sia fatto conoscere nel contesto del neoespressionismo e della transavanguardia, condividendo con gli artisti della sua generazione l'idea della celebrazione del mezzo d'espressione della pittura. Dopo il rigore del minimalismo e dell'arte concettuale, questo atteggiamento nei confronti della pittura, così libero da pregiudizi, venne considerato estremamente radicale, antidogmatico e liberatorio. In effetti l'opera di Barceló è sempre in dialogo con momenti diversi della storia dell'arte: dalla pittura rupestre fino a Robert Ryman, passando per gli affreschi di Pompei, la pittura manierista e barocca, le nature morte spagnola, francese e olandese, ma è anche sempre in relazione con numerosi artisti come Gustave Courbet, Eugène Delacroix, Paul Cézanne, Pablo Picasso, Chaïm Soutine, Joan Miró, Yves Tanguy, Jackson Pollock, Antoni Tàpies, Jean Dubuffet, Cy Twombly, Lucio Fontana, Jospeh Beuys o Daniel Spoerri."

[...]

"Barceló ha dipinto nature morte, ritratti, paesaggi, porti, tauromachie, crocifissioni, studi di artisti e animali, tutti generi che rimandano alla pittura classica. Al contempo ha però anche affrontato, con altrettanta scioltezza, soggetti singolari e personali, quali zuppe, inventari di ceramiche, fenditure, buchi, ristoranti cinesi, trattori, lampade, cinema, impronte, ghiacciai o sciami di insetti."

[...]

"Barceló ha spesso utilizzato materiali strani o inconsueti trovati nel posto in cui stava lavorando. A Napoli ha impiegato sostanze di origine vulcanica, a Vilanova do Mil Fontes e a Maiorca, alghe marine, nel Mali ha permesso che le termiti bucassero i suoi fogli, e in generale ha usato soprattutto alimenti o materiali organici come squame di pesce, inchiostro di calamari, mozziconi di sigaretta, radici…, cose che suggeriscono un'idea di instabilità o di trasformazione. Per Barceló la pittura è diventata subito una necessità vitale, ma anche qualcosa che lo consuma. Dipinge come se la pittura fosse necessaria per vivere."

[...]
"L'opera di Barceló spazia in immensi campi semantici, dall'ascetico al politico, dal personale all'universale, dal megalografico al ropografico [...] con l'intenzione di abbracciare tutto il possibile territorio che si estende fra qualsiasi coppia di estremi."
[...]

"Certamente oggi sono pochi gli artisti che cercano di dialogare con l'arte del passato basandosi sul presente. Barceló non esclude nessun genere di tematica e la capacità di creare immagini intuita dal primo manipolatore di argilla resta infinita."


Sezione di testo tratti dal saggio
MIQUEL BARCELÓ: IL TORMENTATO PERCORSO DELL'INELUTTABILITÀ
Tratto dal saggio in catalogo di Luciano Caprile


Le carte
"Parlare [dei disegni di Barceló] significa intingere il pensiero e l'anima (la nostra anima con la sua) in alcune essenziali immagini che riguardano l'Africa, la "sua" Africa, quella sondata con gesto ulcerato e partecipe, come se le sofferenze di una terra e di un popolo attraversassero il suo corpo e lui se ne facesse penoso e riluttante carico prima di restituirle al nostro sguardo sotto forma di inquietanti reliquie, che grondano ancora materia in decomposizione e sangue nella perenne metamorfosi in qualcosa che vorremmo cancellare e invece ci appartiene. Si tratta del profumo aspro e corrotto della vita e della morte che si confonde e confonde le tonalità brune (terra arsa e polvere), le sovrappone, le sfuma. Infine il suo colore (o il suo dolore) ci assale e ci impregna come una malattia che non concede scampo."

[...]

"Intanto le sue coste, i suoi paesaggi colti da lontano, quasi a volo d'uccello, paiono tracce della memoria, macchie o segni governati dall'urgenza del racconto, appunti da conservare per un ulteriore sviluppo cognitivo. Sono forme senza forma definita, calligrafie che emergono dall'inconscio e fuggono dalle mani che le tracciano: non dichiarano una volontà descrittiva ma ribadiscono un timbro emozionale."

[...]

I bronzi
"Le figure che sorgono dai bronzi di Barceló non seguono un'apparente logica narrativa, talora paiono il frutto di accumulazioni casuali, talaltra ripropongono la folgorazione e il disagio di un reperto che dalle vuote cavità orbitali ci osserva e ci giudica. Anche in simili circostanze l'artista non cerca un effetto contemplativo, ma persegue il malessere di una sinistra scoperta che si svela poco alla volta nell'incastro o nella sovrapposizione saldata dei vari elementi prescelti."

[...]

"Barceló ha dipinto, disegnato e assemblato ciò che ha visto, ciò che l'ha abbagliato e magari sconcertato nell'intimo per catturare l'essenzialità delle cose che riescono a far incontrare causticamente la vita con la morte."

 


Extracts from the essay
REDEEMING EVERYDAY LIFE
By Rudy Chiappini


"More than any other artist of our times, Miquel Barceló manages, with the simplicity and naturalness of great communicators, with the extraordinary mysterious force of the few elect visionaries, to convey through his painting deep, primitive feelings, that bear in themselves the stigmata of the layers of time and the existential malaise of the passing days."

[...]

"If manifesting a condition is at issue, Barceló wants to do it from within, getting down to the heart of the language, at the moment constituent of the form that precedes the making of the picture, when each in fieri image becomes compact as it draws itself into a unit of urges, anxieties, and illuminations about the automatism of the mark, and in the coagulation of the paint around real phantasms of existence."

[...]

"In Barceló's paintings, the language, eluding the narrative forms, becomes physical, produces a material poetry based on the expressionist gesture, the grid of corporeal and natural signs, symbolic and allegorical presences, and organic relics, giving rise to images that, removed from the process of a pregnant and weighty existence, become effigies of our history."

[...]

"His anticonformist art - shot through with strongly lyrical accents, but capable of violent flare-ups verging on brutality - is free and independent of conventional ideologies and the usual thematic associations. It is a painting of extremes, and at the same time of the point where the extremes meet and become one, human, animal and vegetable, organisms and structures."

[...]

"As he works, the artist strikes and wounds the canvas; quickly and passionately, he experiments, completes, and accumulates natural elements of various nature, powders, pigments, bark, bone fragments, almost as if the painting was a living organism that grows, develops, and takes form before his eyes. The material must pulsate with life and take part in a fabrication of existence; it has a unique quality, intrinsic hidden worth [...].New images arise from it, absolutely
original."


Extracts from the essay
EN ROUTE WITH BARCELÓ
By Dore Ashton

"Despite his nomadic inclination, he carries with him the great European painterly tradition, and, as far as I can see, is poised for a place in art history. That place, in my view, is firmly in the Baroque tradition."

[...]

"If Barceló can be seen as heir to the great Spanish Baroque tradition, he can just as easily be seen as a prolonger of the great Romantic ethos of the nineteenth century, in which so many painters and poets accepted the metaphor of the wind-harp. They saw themselves as the sensitive strings on which the forces of nature played."

[...]

"One salient characteristic in Barceló's oeuvre is precisely his aggressive attempt to overwhelm his viewer's resistance by means of profusion, scale and all-encompassing images that take the spectator into his teeming world of painted experience. Barceló himself is, much of the time, half-in half-out of the worlds he creates, as is any intelligent artist. But he is also enclosed for long intervals in his prolonged dream."

[...]

"Barceló, who augments his life in the studio with frequent entries in his journals, and perpetual travels, is always moving between the worlds of paint and words; between inner and outer. His entire creation, whether in writing, painting, ceramics, sculpture or drawings, can be seen as a Bildungsroman - a possessing of each day's energies that take him both into a plunging experience with his materials, and also into a step back to ponder it."

[...]

"Despite his broad use of varied materials, both organic and inorganic, Barceló thinks of himself first and foremost as a painter. A painter, in fact, belonging to a great family of painters going back to the Venetians."

[...]

"Barceló is acutely aware of the snares in the life of a painter, which are the same in all the arts. It is in the nature of an artist's endeavour to abandon all hope that he will reach resolution. Each work calls up the next, inexorably. In his constant reassessment of his task, Barceló is careful to watch his ways."

[...]

"In 1988, Barceló made his first voyage to Africa, crossing the desert en route to Mali, where he, in effect, exposed himself to the elements, and where he again reconsidered his task. It is apparent to anyone who reads his African journals that the obstacles in a non-cosmopolitan environment challenged him on every level."

[...]

"Barceló's intense observations in Africa seem to have carried into his emotional life a new feeling - an awareness of tragedy that the young enfant terrible of earlier years could not have interiorized."

[...]

"If we view Barceló's oeuvre to date, it is obvious that to him, the world and all its phenomena change with the slightest turn of his gaze; that his interest in the grand sensorium never flags, can be renewed constantly."

[...]

[Joan] Miró said: "I work like a gardener". Barceló said: "I work like a baker". Long before Barceló had turned seriously to ceramic sculptures, in which the procedures are so nearly like that of a master baker, he had declared his kinship with the baker who, disguised as Barceló, worked "between the Louvre, the atelier, and the library". Since then his activities as a baker have greatly expanded, culminating (for the moment, at least) in his magnificent chapel in Palma, composed of great ceramic panels coursing with light and colour. The ingredients of his bread have been hugely augmented in Palma, proving many times over that a Catalan from a stone will draw bread.



Extracts from the essay
MIQUEL BARCELÓ
By Francisco Calvo Serraller


"Barceló, born in 1957, was 18 years old when General Francisco Franco died, and even though the onset of his artistic career was very precocious, his sudden public projection dates back to the early 1980s, thus turning him into one of the very first witnesses of the generation of artists who grew up on Spain's new democratic stage. This new generation of artists grew up, for the first time, without the ballast of Spanish nature on its shoulders and established its existence and its artistic career in a cosmopolitan way."

[...]

"Barceló is not just a painter; he is a "pictorial" painter or, put more properly, a "pictorialist", a species surely on the way toward extinction at least since the seventeenth century, when the hygienic optical realism of the Protestant Dutch was gaining the upper hand versus the tactile, material realism of the Catholic realists who yearned to touch with hands, who - like the doubting Saint Thomas - need to dip their fingers into the wound so they may believe what they are seeing. Barceló's crazy passion for organic matter brought him to cram into the pigments any kind of decomposing leftovers, as if he was not at ease unless he made sure of the paint's absolute corruptibility, which it is in its state of permanent change and transformation."

[...]

"As an islander from the interior, earth and the sea are crucial in Barceló, but so too is the compression and expansion of space. In that sense Barceló is a very "feminine" artist, very earthy and - even more and better yet - chthonic. Very much issued from deep earth, water and mud. Very metamorphic. Very organic. Very troublesome. Very naturebound, always boiling and changing. In his paintings it is difficult to distinguish the outside and the inside, which quite often are superimposed on or across one another. In one of his landscapes, a boat jolted by the choppy sea and a library can overlap each other without our knowing which is the real scenario and which the imaginary one; which one gives to which. In addition to these parallel scenarios, one contracts and the other expands; also, Barceló practices the vertiginous diagonal, the space crossed by a knife which opens a furrow of light. That is where his liking for tunnels and caves comes from. His liking for Tintoretto, Hubert Robert, John Martin or Eugène Delacroix. Much like Pollock he enjoys having the wall as a floor, and much like Dubuffet he loves to smear. Choc-full of matter, pregnant with it, his work arises from a delivery and is a formless creature that needs to mature by itself. An extremely gifted drawing artist, quick and incisive, but leading paintbrushes vertically, in Japanese fashion - a drawing artist who is also pictorial - the light and lively noting has progressively come loose from the slow and thick massing of matter. This divergence has been highly interesting because in terms of the slow labouring of matter Barceló first turned into a speleologist, an explorer of deep caves with stalactites and stalagmites, and then, ultimately, into a ceramicist, a shaper of earthenware."

[...]

"Barceló's painting is pregnant, heavy, orographic, uneven, relief-laden. It is paint amassed by a baker: paint that needs to be sculpted."

[...]

"Barceló ranks among the plasticians, which does not merely denote a technique - the technique of matter that allows itself to be moulded and shaped, but identifies those artists who are most attentive to life, to the moment, to expressivity, to the ephemeral, to change and to that which is corruptible."

[...]

"Barceló, the baker and shaman, artist of matter, occupant of churches, cathedrals, huts and museums, certainly is quite a peculiar character within the current artists' panorama. He is that, first of all, because of his untimely involvement in the plastic aspects of art, but also because he resists losing sight of the symbolic or - which is the same - narrative meaning of art."

[...]

"Barceló discovered richer and more complex artistic interactions, which have to do with his anthropological identity and eccentric deambulations. Both of these distance him from actuality, but mostly because his world, the whole of his aspirations, do not fit into this thin corridor where one fishes only with the fishing line. In this sense, Barceló's most artistic Spanish feature is perhaps not his more or less pronounced affinity with the ancient or contemporary masters of the Spanish School, but his calling for untimeliness."


Extracts from the essay
IN EXTREMIS
By Enrique Juncosa


"From a close examination of the themes at work in the paintings of Miquel Barceló, an artist who has shown a predilection for the genre of still life and its implications (the transitory nature of things and the corruption of the flesh). His still lifes can be highly ascetic [...] but also, fabulous, epic compositions."

[...]

"Many of his paintings seem to say something about insatiable appetites and physiological limitations. Creation is inseparable from decay. Life brings with it death. The act of painting is for Barceló what literature is for Truman Capote, an exaggerated attempt to stop the passing of time, seemingly resulting from an acute creative anxiety."

[...]

"Despite having a stronger international presence than any other Spanish artist, Barceló's work is entirely rooted in the Mediterranean tradition. This does not detract from the fact that his work first became known within the context of Neo-Expressionism and the Transvanguardia, sharing with other artists from his same generation, the idea of celebrating the pictorial medium. After the rigours of Minimalism and Conceptual Art, an unprejudiced attitude towards painting seemed to be a completely radical stance, antidogmatic and liberating. Barceló's work is always, in effect, in dialogue with different periods in the history of art: from cave paintings to Robert Ryman; via Pompeian frescoes, Mannerist and Baroque painting, Spanish, French and Dutch still lifes, and numerous artists such as Gustave Courbet, Eugène Delacroix, Paul Cézanne, Pablo Picasso, Chaïm Soutine, Joan Miró, Yves Tanguy, Jackson Pollock, Antoni Tàpies, Jean Dubuffet, Cy Twombly, Lucio Fontana, Jospeh Beuys, Daniel Spoerri."

[...]

"Barceló has painted still lifes, portraits, landscapes, seascapes, bullfights, crucifixions, artist's studies and animals, i.e. the classical genres of painting; but he has worked just as comfortably with and has dedicated as much time to highly unusual and personal subjects such as soup, collections of ceramics, crevices, holes, Chinese restaurants, tractors, lamps, cinemas, footprints, glaciers or swarms of insects."

[...]

"Barceló has often made use of unusual or strange materials, which he comes across wherever he happens to be at work. For example, in Naples he used volcanic material, in Vilanova do Mil Fontes and in Majorca he used sea algae, in Mali he allowed termites to eat holes into his paper, and throughout his career, he has used, in particular, foods or organic materials such as fish scales, squid ink, cigarette butts, roots, etc., objects which always carry with them an idea of instability or transformation. Painting became straight away a vital need for Barceló but also something which consumes him. He paints as though painting is necessary to live."

[...]
"Barceló's work covers enormous plains of meaning, from the ascetic to the political, from the personal to the universal, from the megalographic to the rhopographic… with the will always to encompass all of the possible territory between any pair of extremes."

[...]

"Of course, today we encounter very few artists who attempt a dialogue between the art of today and the past. However, for Barceló, no subject is excluded, and the spark of creativity which prompted the first modeller of clay to form images remains infinite."


Extracts from the essay
MIQUEL BARCELÓ: THE UNEVEN PATH OF INEVITABILITY
By Luciano Caprile


Works on paper
"To talk about [Barceló's drawings] means sinking the ideas and the soul (our soul along with the artist's) in some essential images concerning Africa, "his" Africa, which he probes with an ulcerated, perceptive gesture, as if the suffering of a land and a people ran through his body, and he took the painful and reluctant responsibility for it before submitting it to our gaze in the form of disturbing relics still dripping with materials in decomposition and blood, perennially metamorphosing into something that we would like to cancel out, and instead it is part of us. It is the acrid and putrid smell of life and death, mingled and mixed up in the brown shades (burnt earth and dust), overlapping them, softening them. Finally, his colour (or dolour) assails us and permeates us like a disease that leaves no hope."

[...]

"Meanwhile, his coasts, his landscapes captured from afar, almost from a bird's-eye view, look like traces of memory, stains or marks governed by the urgency of a tale, notes to keep for further cognitive development. They are forms without a definite form, handwriting that emerges from the unconscious and escapes from the hands that write it: they do not declare a descriptive intention, but refer to an emotional timbre."

[...]

Bronze works
"The figures that emerge from Barceló's bronze works do not follow an apparent narrative logic. At times they seem to be the fruit of chance accumulations, or they propose the shock and discomfort of an artefact that observes and judges us from empty eye sockets. Even under similar circumstances the artist does not seek a contemplative effect, but pursues the discomfort of a sinister discovery that little by little comes to light in the joining or the welded superimposition of the various elements selected."

[...]

"Barceló has painted, drawn, and assembled what he has seen, what dazzled and maybe even disconcerted him deep down, to capture the quintessence of things that manage to bring life and death into a caustic encounter."


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Miquel Barceló

Museo d'arte moderna
 6900 Lugano

12.11.2006 - 4.3.2007

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