Terapia di integrazione emotivo-affettiva |
||||||||||
L E.I.T. può essere considerata una scienza (fondata su una struttura teorica psico-neuro-biologica ed una prassi organizzata su interventi schematici codificati) che si occupa del RECUPERO e della RIABILITAZIONE FUNZIONALE. In questi termini l E.I.T. riassume il suo aspetto di intervento globale sulla persona nella quale vengono considerati aspetti funzionali motori, emotivi, affettivi e cognitivi e, come modello riabilitativo, tiene conto di disfunzioni, di disorganizzazioni, di disabilità. Ponendo il suo interesse nelluomo, in una dimensione olistica, l E.I.T. non considera malattie, diagnosi e neppure cure, poichè il suo compito non è quello tradizionale di guarire, bensì di ripristinare funzioni in disuso (motorie e/o psichiche) e di riorganizzarle in una inter-relazione armonica che definiamo integrata. Possiamo anche affermare che l E.I.T. non mira solo all autosufficienza, come altre scienze della riabilitazione, ma tende a riattivare l autonomia , motoria e psichica, lespressione di un funzionamento efficace dellautovalorizzazione, di una valida coscienza di sè, di una struttura ioica integrata. Se la malattia e la menomazione si riferiscono ad anormalità del funzionamento (per distinti motivi) di un organo o di un sistema, l E.I.T. si riferisce al ripristino non di una funzione, ma dellarmonico interagire tra funzioni psico-neuro-biologiche che interessano capacità intellettive (memoria, pensiero, creatività, volontà), psicologiche (percezione, attenzione, emotività, affettività), comportamentali, relazionali e sociali. In altre parole, la disabilità, affrontata dall E.I.T. non riguarda una specifica funzione, ma il soggetto nel suo insieme, nella sua dimensione olistica disorganizzata da errate interazioni tra sistemi biologici, psico-affettivi e psico-intellettivi. In questa ottica l equilibrio da raggiungere è un VALORE SUPREMO, una virtù che ri-unisce in sè parti intellettive (cognitive), parti creative (emotive) e parti affettive (legate al desiderio ed al piacere auto ed etero-riferito). Le capacità di pensare, di creare e di godere sono, in fondo, quelle funzioni che l E.I.T. tende a ripristinare, rinforzare ed integrare in una dimensione che possiamo definire "poetica" e che dà senso alla vita. La "poetica della vita" è un aspetto ecologico che è "rispetto della natura"e che diventa "rispetto della natura umana" composta di corpo, pensiero, emozioni ed affetti. E.I.T. come TERAPIA Quando presentiamo l E.I.T. come un intervento terapeutico, ci riferiamo ad una precisa "cultura terapeutica" che sottende ad una posizione teorica fondata sui principi della psicologia dell Io, ad una prassi codificata e ad una attenta valutazione dei risultati . Per altro lato, la "nostra cultura terapeutica" dà una totale preminenza ad una concezione univoca e globale delluomo per la quale ci poniamo di fronte ad un individuo che soffre e che ha dei problemi. In questo modo il nostro intervento risponde ai parametri di una "scienza antropologica" che, al di là dei dettami clinici, propone un "incontro interpersonale", capace di cogliere le modulazioni esistenziali, le contrapposizioni, gli smacchi ed i successi. l E.I.T. dunque si basa su :
con un continuo controllo ed una attenta interpretazione dei vissuti letti come espressioni fenomenologiche di processi psicodinamici espliciti e/o impliciti e profondi. Questo approccio "globale" diventa quindi un "percorso" costituito da parti biologiche, psicodinamiche, cognitive, sociali e culturali, ma nel quale si tiene conto della singolarità e della coesistenza, così che lincontro con laltro è sempre un "entre-deux" che presuppone anche il coinvolgimento dei terapeuti. Le "sedute" si trasformano così in "esperienze condivise" ed è proprio questo aspetto che dà significato terapeutico al lavoro finalizzato allintegrazione della personalità, attraverso una "potenza esistenziale delle nostre intuizioni di similarità" (come dicono A. Ballerini e B. Callieri) ed una pregnante ed antropologicamente valida "condivisione". Tale concezione della "funzione terapeutica" si concretizza nel bisogno di empatia, in un atteggiamento di tolleranza e di accettazione, in rassicurazioni oblative e supportive, in contenimento con finalità di incitamento e, soprattutto, in impegno e "presenza" che strutturano un modello ed un "oggetto desiderabile". Va premesso che la "TERAPIA DI INTEGRAZIONE EMOTIVO-AFFETTIVA" (E.I.T.) è stata strutturata dal Dott. Romeo Lucioni che ha tenuto conto delle sue esperienze terapeutiche, in Argentina ed in Italia, utilizzando diverse tecniche quali:
Tutte queste applicazioni pratiche si sono aggiunte, senza dubbio, allosservazione-interpretazione psicodinamica e si sono arricchite dellesperienza psicoterapeutica individuale e di gruppo così che il significato di integrazione usato nell E.I.T. deriva dalla struttura concettuale fondata sulla psicologia dell Io posta come cardine o punto focale di partenza (lanalisi) e di arrivo (il dimensionamenti psicologico del soggetto nelle sue dinamiche consce ed inconsce). Il cammino per arrivare all E.I.T. ha conosciuto, nella nostra esperienza, le tappe della TERAPIA SENSOMOTORIA e della TERAPIA EMOTIVO-ESPRESSIVA che, applicate per una decina danni nellambito della formazione di portatori di handicap psichico in vista del loro inserimento lavorativo, hanno portato a importanti risultati. Levoluzione naturale di questi interventi e lo studio accurato dei fondamenti teorici, soprattutto per quanto riguarda i rapporti tra emotività, affettività e cognitività, hanno portato a strutturare le precise modalità tecniche della "terapia- E.I.T." che è già stata applicata per lautismo. le sindromi regressive, le psicosi giovanili, la malattia di Parkinson e la malattia di Alzheimer. |
||||||||||
ê |
||||||||||
|
||||||||||
ê
|
||||||||||
ê
|
||||||||||
Per meglio inquadrare le caratteristiche dell E.I.T. possiamo evidenziare: Fondamenti teorici Si collegano alla ricomposizione armonica delle funzioni dell Io, cercando di raggiungere un equilibrio tra elementi istintivi (Ideale dell Io) e cognitivo-relazionali (Super Io). Questa omeostasi psichica si raggiunge attraverso continue modulazioni sostenute dalle dinamiche affettive fondate sui "valori" e sul feedback. Aspettative Trattandosi di promuovere lo sviluppo di un Io integrato, si evidenziano gli obiettivi che consistono nel controllo di quelle parti deficitarie che caratterizzano la "debolezza dell Io. Si tratta di :
Obiettivi
Tecnica Le sedute di E.I.T. sono organizzate contando sullutilizzo della musica, del movimento, della danza, dellincontro, della partecipazione paritetica ad attività di gruppo che servono da stimolo, da confronto, da "occasione" per proporsi come "oggetto privilegiato" in un insieme di "oggetti valorizzati". Risultati I benefici più evidenti che si sono ottenuti, riguardano:
Limiti riguardano soprattutto :
Vantaggi
|
||||||||||
E.I.T. ed INTEGRAZIONE OPERATIVA AREE DI APPLICAZIONE
|
||||||||||
Per ogni area di applicazione sono previsti 4 items di operatività:
|
||||||||||
A - Potenzialità percettivo-motoria B - Modulazione emotiva |
||||||||||
A1- senso-motorioCamminare e muoversi nelle quattro direzioni Muovere le braccia nello spazio Muovere le mani a farfalla Afferrare cuscini, palle, palline, cerchi, ecc. Muovere bastoni nello spazio Acquisire sicurezza nei movimenti coordinati e/o complessi Colpire un oggetto con le mani o con un bastone Rilassamento Esercizi da seduti e/o sdraiati B1- senso-motorio Senso di piacere nel muoversi Senso di piacere nel ritmo e nella danza Validazione del proprio piacere Senso di piacere nellutilizzare la mimica |
||||||||||
A2- emotivo-espressivo Senso di sè nello spazio Senso di sè con modificazioni di tempo (velocità) Farsi vedere in mezzo agli altri Sentire lemozione di dire il proprio nome Manifestare con la danza i propri sentimenti Soffermarsi sullemozione di percepire sensazioni propriocettivo-cenestesiche B2- emotivo-espressivo Sviluppare il desiderio di esprimere i propri sentimenti attraverso la postura, la motricità e la danza Abbassare il livello di ansia legato allincontro con laltro Sradicare sensi di vergogna |
||||||||||
A3- affettivo-relazionale Dare e ricevere oggetti Migliorare il rapporto affettivo con il proprio corpo Guardarsi negli occhi accarezzarsi e abbracciarsi Muoversi (camminare, saltare) insieme B3- affettivo-relazionale Sentire piacere nellavvicinarsi allaltro, nella carezza, nell abbraccio Cercare nuove relazioni con i terapeuti ed i compagni Elevare il tono dellumore |
||||||||||
A4- cognitivo Apprendere movimenti complessi dimenticati o in disuso Ricordare movimenti e giochi Proporre alternative alle iniziative Acquisire schemi corporei più organici B4- cognitivo Ricordare le proprie emozioni Cercare di parlare con i propri compagni delle esperienze vissute |
||||||||||
C - Sviluppo affettivo D - Incremento cognitivo |
||||||||||
C1- senso-motorioVerso di sé Desiderio di partecipare Desiderio di farsi vedere Riconoscere i propri movimenti Arricchire il comportamento Arricchire le modalità Verso gli altri Vedere gli altri e apprezzarli Riconoscere le qualità dei movimenti degli altri D1- senso-motorio Capire i movimenti Capire lo spostamento del baricentro Riconoscere il proprio piacere Avere autocoscienza delle proprie espressioni |
||||||||||
C2- emotivo-espressivo Emozionarsi nel riconoscere come ben eseguiti i propri movimenti e le proprie espressioni Stabilire empaticamente una buona relazione D2- emotivo-espressivo Capire e ricordare come le proprie Azioni-reazioni agiscono sul Setting relazionale |
||||||||||
C3- affettivo-relazionale Desiderare di migliorare se stessi nel proprio comportamento Volere migliorare le performances Partecipare alle emozioni degli altri Salutare gli altri espansivamente Accettare il giudizio degli altri Vivere il proprio comportamento con il controllo del feedback Elevare lautostima e lautonomia D3- affettivo-relazionale Riconoscere gli altri come Importanti Esprimere le proprie preferenze Rafforzare la propria identità e lautenticità |
||||||||||
C4- cognitivo Riconoscere validi i propri desideri Desiderare di migliorare le proprie capacità relazionali Ricordare la partecipazione dei compagni D4- cognitivo Riconoscere le proprie risposte adattive, partecipative e volitive Migliorare e vivificare il contatto con la realtà |
||||||||||
L E.I.T. come "regime terapeutico" non ha solo lobiettivo di rendere il soggetto più adatto alle esigenze sociali, ma, ambiziosamente, vuole portarlo a scegliere alternative psico-mentali più consone ad una integrazione personologica e ad un dimensionamento ioico atti ad una vita soggettiva e relazionale modulata, polifunzionale, soddisfacente e creativa. Questo intervento specialistico presenta caratteristiche peculiari che lo rendono "dialogico", caratterizzato cioé da un costante scambio di informazioni tra pazienti e operatori che strutturano un rapporto empatico e globale, rendendo possibile:
In altre parole, l E.I.T. si propone come mezzo per superare le "debolezza dell Io" e così dare ai pazienti la possibilità di crescere olisticamente, formattando una personalità più adeguata alle necessità imposte dai limiti personali oltre che dalle necessità sociali e relazionali. E importante sottolineare che recuperare :
comporta un lungo cammino che si riassume nella dimensione del credere, del volere e dellamare, oltre che del pensare il Sè, la realtà, il mondo, gli altri ed anche "pensare il proprio pensiero". Le basi teoriche dell E.I.T. e la struttura organica e ponderata della sua operatività, attuata con laccompagnamento della musica e attraverso il movimento e la danza, fanno di questo strumento terapeutico una straordinaria fonte di osservazioni, di studio, di progettazione, sempre però secondarie al vero scopo, alla finalità principale che è quella di rendere "persone" i portatori di deficit e di donare loro speranza, se non la sicurezza di poter raggiungere un miglioramento della loro qualità della vita, attraverso una presa di coscienza delle proprie capacità, delle proiezioni e dei progetti che danno un senso alla vita e del Sè come unità olistica capace di autostrutturarsi, autovalorizzarsi e proporsi come VALORE in un mondo nuovo, fondato sul rispetto della dignità e del diritto a sviluppare le proprie potenzialità totali, parziali e/o residue. RESOCONTO DELL'INCONTRO CON IL PROF. ROMEO LUCIONI Laureandi in psicologia allUniversità di Torino A seguito del dibattito svoltosi presso il Centro Aurora dellASL di Torino, è emersa la fondamentale importanza di un approccio clinico-ideografico di tipo allargato: esaltazione della "prassi", non semplicemente intesa come "prestazione-intervento" sulle menomate risorse cognitive di un paziente neurologico, ma nel senso di spunto per lanalisi e limplementazione di un approccio terapeutico ad un soggetto, inserito nel suo contesto familiare drammaticamente posto di fronte ad una esperienza di progressiva "perdita". Questa ecologia di approccio esalta la "specificità della relazione" come strumento collettivo di accesso al patrimonio "soggettivo" del malato che, si suppone, non annichilito, ma piuttosto "isolato" dalla demenza. Il nucleo di personalità del paziente Alzheimer risulterebbe menomato da una sostanziale difficoltà di accesso alle potenzialità residue di memoria, di orientamento auto- ed etero-centrato, di rapporto attivo con lambiente. In particolare, tale limitazione incide soprattutto sulle possibilità di definizione e di mantenimento del proprio senso di Sé: il paziente sviluppa delle "condotte" e delle modalità di relazione che si slegano dai normali controlli imposti da un equilibrio personale, gestito dallintersezione di complessi piani cognitivi, emotivi ed affettivi, che tende a scivolare inesorabilmente verso manifestazioni sintomatologiche che vedono una netta preminenza delle componenti emotive primitive, a fronte di un sostanziale "appiattimento affettivo". Partendo da unanalisi clinica prettamente improntata alla ricerca di manifestazioni ricorrenti e di "costanti" nei quadri anamnestici dellAlzheimer, Lucioni ha individuato la tendenza ad una perdita dei valori del Sé, risultante dalla progressiva atrofia delle strategie cognitive e delle valenze affettive (frequentemente si osserva che questi pazienti, oltre a non essere più in grado di affrontare gli impegni quotidiani, sviluppano forme di agnosia nei confronti delle principali figure di riferimento, anche nello stesso ambito familiare). La tensione, che si crea nel "rapporto" con lesterno, è mantenuta nellambito emotivo e si estrinseca ad un livello "primario", quasi istintuale: il soggetto introietta la folta gamma di pulsioni derivanti dal suo contatto con il mondo: perde, progressivamente, i contorni "razionali" e le valenze ad esso associate; mantiene una condotta fortemente difensiva, ma, al tempo stesso improntata sul primato dell ISTINTIVITÀ e della rinuncia al controllo delle proprie azioni, paradossalmente legate al bisogno di contenimento e di una "relazione rassicurante". Sovente, infatti, alcuni malati si riferiscono al caregiver (sia esso famigliare o operatore) come ad una figura parentale per lo più "materna", cui si associa il bisogno di essere protetti e capiti. Tenendo in stretta considerazione questo preminente canale di espressione del paziente Alzheimer, cioè quello dellemotività, dellimmediatezza e dellassolutezza, Lucioni ha scandagliato le possibilità di un intervento riabilitativo in un campo strettamente connesso con quello della "reattività motoria". La sua E.I.T. (terapia di integrazione emotivo-affettiva), prendendo le mosse da modelli clinici collaudati, quali la ROT e la Validation Terapy, e da approcci eterodossi, quali il TAI CHI CHUAN e la BIODANZA (che paiono porre le premesse per esiti altamente stimolanti), si pone il traguardo di attivare un modello pratico di intervento che agisca sulle componenti primarie ed istintive della personalità per ristabilire un più valido riconoscimento del Sé e dei valori ad esso associati. In questa psicoterapia, anche la relazione tra il malato ed il caregiver (entrambi coinvolti nel "setting") diventa strumento principale di cambiamento e di contenimento di una perduta "prospetticità" allesistenza. Il deterioramento della memoria (peculiarità sintomatologica della malattia) porta infatti il paziente a confondere i piani temporali del proprio vivere e del proprio "essere nel mondo": egli perde progressivamente la coscienza di essere stato figlio/a in passato, oppure padre/madre o nonno/a nel presente e non può più contare sul valore che queste dimensioni soggettive assumono per il proprio Sé. Il vissuto intrapsichico dei pazienti si riconduce ad una sostanziale "condensazione" (meccanismo tipico del principio primario) di esperienze e di conoscenze, che rifuggono da un ordinamento prospettico di successione temporale e di attribuzione di importanza. Tale difficoltà si traduce, sul piano motorio, in una incapacità a compiere movimenti complessi coordinati (Pattern Motori). I presupposti teorici dell E.I.T. rivendicano limportanza di una relazione giocata a livelli "immediati", entro i quali lo psichismo del paziente mantiene ancora una relativa potenzialità di espressione. Questa iniziale propensione alla "fisicità" ha il fine di ristabilire contatti con le componenti più strutturate della personalità. Sul piano operativo, il modello prevede "incontri" tra gruppi di pazienti, famigliari ed operatori, ove è possibile stabilire una interrelazione univoca con un referente (che però potrà cambiare nel corso della terapia) in unatmosfera che racchiude le potenziali valenze del rapporto che si stabilisce nel ballo e nellesercizio fisico. Strumenti principali per lo svolgimento dell E.I.T. sono la musica (per lo più di tipo "non classico", ritenuta legata a componenti fruitive di derivazione "cognitiva" non immediata) e una serie di oggetti transazionali (come palle, cuscini, foulards, bastoni) atti alla modulazione di una esperienza che, in ogni caso, si presenta inconsueta e potenzialmente ansiogena. Per la diade famigliare-paziente è necessario considerare attentamente il significato che comporta lessere entrambi coinvolti in un momento di profonda riconsiderazione delle reciproche posizioni in rapporto alla presenza di un evento tanto destrutturante come la diagnosi di una demenza, nellorizzonte intrapsichico dei soggetti. La tensione dei caregivers, impegnati nel far migliorare la qualità della vita del loro paziente, non facilita la fiducia nelle possibilità di riuscita dei modelli riabilitativi, ma è da supporre che la ferita narcisistica inferta dallavvento della malattia colpisca sia il diretto interessato, che i suoi parenti, spinti ad aderire a dinamiche difensive tese alla rassegnazione ed allallontanamento dei sensi di colpa nei confronti del malato (nel quale inevitabilmente ci si rispecchia)-(IPOTESI GENETICA: familiarità). In questo modo i famigliari si mostrano più favorevoli a terapie farmacologiche (indirizzate alla riduzione delle manifestazioni sintomatologiche di stampo psichiatrico) che a modelli che conducono alla ristrutturazione delle dinamiche intragruppali ed intrapersonali. Nell E.I.T. queste resistenze inconsce sono attenuate da una strategia mirata a "disaccoppiare", nel corso dei primi incontri, il paziente dal proprio famigliare: é più difficile mettere in gioco una dinamica relazionale collaudata di salvaguardia dei rispettivi Sé (cioè il famigliare si affretta a giustificare il congiunto affermando che il "lavoro" è per lui troppo impegnativo o, al contrario, poco stimolante; il paziente potrà, quindi, rispecchiare questa condotta accampando una cronica "stanchezza"). Chiamati ad "intessere", nel corso degli incontri, nuove relazioni con persone estranee, i caregivers si sentiranno più stimolati ad impegnarsi e ad impegnare il proprio referente in un "gioco relazionale" di stimolo alla crescita, al "provare insieme". Dopo una prima serie di sedute, al famigliare sarà data loccasione di "ritrovare" il proprio coniuge o genitore e di scoprire come questo abbia compiuto progressi considerevoli e, libero da angosce ed aperto alla relazione profonda, prerogativa essenziale al "recupero", e abbia acquisito una mentalità "nuova", volta allincontro. Si attua una attività parallela psicoeducativa, che trasforma dellatteggiamento dei famigliari, teso al superamento delloggettualità del malato; in questottica che "riconsidera il concetto stesso di disabilità", si comprende quanto sia importante la strutturazione di una relazione "reale" tra caregiver e paziente, che avverte il supporto ricevuto dallesterno come fondamento solido ed incoraggiamento per il recupero di capacità e di abilità molto più frequentemente inibite, piuttosto che totalmente perdute. Si nota che il malato, inizialmente diffidente, rifiuta la terapia, preferendo soffermarsi ad osservare, si distacca progressivamente dalla tipica rigidità psicologica giustificata da una cronica ed immobilizzante stanchezza, per passare alla partecipazione che testimonia vivo interesse per levento "insolito". Tale esperienza incomincia dunque a configurarsi come un vero e proprio setting la cui regolarità nel tempo viene avvertita dal paziente (che inizia a domandare: "Quando andiamo ancora a ballare?") e costituisce lo spunto per recuperare un embrionale senso prospettico, prerogativa allirrobustimento del senso di Sé. Il momento della seduta viene così a costituire un NODO su cui si incentrano gli "investimenti" del malato, non più in balia di un "esistere condensato" (per cui il passato è indistinguibile dal futuro), ma relativamente in grado di dare significato e valore a particolari momenti del suo "essere nel mondo". La rinnovata capacità di comprendere movimenti complessi che implicano una pianificazione delle singole mosse da compiere ed una diacronica successione di eventi da considerare, riporta il paziente ad un "principio di realtà" entro il quale è possibile osservare la trasformazione di una pulsione in una prospettiva articolabile e quindi controllabile. Liniziale potenzialità ansiogena, costituita dallapproccio con un modello di stimolazione e di "contatto interpersonale" tanto coinvolgente, diviene allora, in unottica di tipo psicodinamico, un veicolo di ristrutturazione del Sé, attraverso relazioni significative che non tendono tanto a ristabilire una "punteggiatura" (per usare una terminologia cara allapproccio sistemico) che si sviluppi sul piano del linguaggio corporeo, quanto su quello della "comunicazione tra soggetti". Le manifestazioni di tipo motorio non sono interpretate sulla base di unestrinseca corrispondenza di significati, ma inserite nel quadro comunicativo che si forma, momento dopo momento, nel contesto della relazione. Questo è il motivo per cui lapplicazione dell E.I.T. necessita del supporto e dellimpegno diretto di professionisti dellambito psicoterapeutico, affinché i risultati ottenuti dalla prassi riabilitativa vengano approfonditi e collocati in un processo di formazione e di recupero di tipo intra- ed inter-personale. In questa prospettiva, anche lintroduzione di terapie farmacologiche di tipo colinergico perde la sua finalità di rimedio a manifestazioni psichiatriche della sindrome o di presupposta utilità ai fini di un limitato recupero sul piano cognitivo, per costituirsi come elemento positivo di supporto alle condizioni di DISPONIBILITÀ ALLA COLLABORAZIONE rispetto agli esercizi svolti. Il farmaco dunque, assume una valenza di accessorietà rispetto alla centralità della terapia integrativa, in seno alla quale le più moderne ipotesi di tipo neuropsicologico (basate sulle potenzialità attribuite alla plasticità neuronale ed ai circuiti vicarianti) sono inserite in un contesto globale di recupero della persona affetta dal morbo di Alzheimer, al di là della "patologicità" con la quale viene usualmente interpretato e trattato. In virtù di tali presupposti, si comprende come il lavoro svolto nel corso dell E.I.T. sia globalmente impostato nellottica di "mettere da parte il NOI": la finalità non è semplicemente riassunta nellinglobare il soggetto in un "NOI" impersonale, ma di ricondurlo a recuperare il senso di un "IO" ancora presente ed attivo, nonostante la malattia. Considerando questo aspetto, non si sovrappone la "socializzazione"
alla "riabilitazione": nel rapporto "prezioso" tra assistito
e caregiver si promuove il senso di una "vera" individualità dei
soggetti. Torna
alla HOME PAGE
|
Adhikara Art Gallery
updated
20.09.16