Notizia biografica
Gianna Parola nasce a Lugano, segue studi di commercio e lingue a
Chexbres e Cambridge.
Le piace il mondo culturale, frequenta il teatro di Alberto Canetta
(“Sei nata per il teatro”, le dice l’autore e regista luganese), recita
in tre pièces. “Una bella esperienza”. La interrompe quando negli anni
’70 sposa il bio-ingegnere torinese Roberto Bosio da cui ha una figlia,
Elena, oggi manager nel campo sanitario - noto per i suoi studi sul
cuore artificiale e insignito nel 1977 del premio della Fondazione del
centenario BSI unitamente all’equipe di cardiologia della Clinica
universitaria di Zurigo. Per qualche anno vive a Torino dove inizia a
dipingere realizzando un desiderio che coltivava da tempo. Frequenta lo
studio del pittore Filippo Scroppo, segue un corso di scuola di nudo,
realizza acrilici e oli, partecipa ad alcune esposizioni con opere che
hanno come tema ricorrente la figura. Quando torna a Lugano inizia una
collaborazione con la RTSI, segue la scuola di giornalismo, si
specializza nelle interviste collaborando anche a giornali e riviste
come il Corriere del Ticino, il Dovere, Azione. Continua intanto con la
pittura frequentando corsi con Gianni Realini e Giuliano Togni. Nell’89
inizia a dedicarsi con assiduità quasi esclusiva alla scultura,
frequenta l’atelier di Paolo Bellini a Rancate, si esprime con opere in
bronzo, inizia a frequentare le fonderie ove conosce altri scultori.
Come sempre è attenta a quanto succede sulla scena artistica
internazionale, visitando Musei e Gallerie d’arte.
L’interesse per la scultura l’avvicina alla Versilia e in particolare a
Pietrasanta, capitale mondiale della scultura. Primi soggiorni, il
lavoro prima in una casa-atelier, quindi la sistemazione in una casa
sulla collina, con vista sul lago di Massaciuccoli (Lucca) e sul mare.
Seguono anni di intenso, appassionato lavoro nei quali alla scultura
affianca la passione per la lettura e la scrittura, tanto che dal 1998
al 2003 pubblica tre romanzi. “Anche questa pur bella esperienza mi
conferma che il mio principale interesse è per l’arte, la scultura in
particolare”. Mentre modella le sue sculture riprende tra le sue letture
“Il Piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupéry. Una folgorazione.
“Sono sempre alla ricerca di libri profondi, un po’ speciali, che
uniscano letteratura e vita. Il Piccolo Principe è uno di questi, tanto
da diventare protagonista nelle mie sculture”. Così è ancora oggi, in
questi ultimi anni nei quali all’opera in bronzo affianca dipinti molto
materici, terrosi, giocati sulle tinte ocra. Nelle sculture mantiene un
versante riconoscibile, figurativo e al tempo stesso si confronta con
temi forti, riferiti al senso della vita: l’anima, l’universo, il cosmo,
la ricerca interiore, le forze superiori. “Lavorare così mi dà una
grande gioia” e al tempo stesso soddisfa il desiderio-bisogno di
esprimersi. Da parecchi anni vive e lavora tra Montagnola (“mi piace la
silenziosa atmosfera in mezzo al verde, fuggo le città e il rumore”) e
Pietrasanta tra casa, giardino, sculture, quadri e libri.
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La Principessa e il
Piccolo Principe
di Dalmazio Ambrosioni *
La Principessa abita a Montagnola in un posto
molto bello – interni luminosi, ampio giardino ritmato da piante e
sculture, spazioso atelier – che è l’esatto contrario del deserto dove
Antoine de
Saint-Exupéry atterra con il suo aereo
e inizia con Il Piccolo Principe un racconto molto poetico che -
nella forma di un'opera
letteraria per ragazzi - affronta temi
fondamentali come il senso della vita, il significato dell'amore e
dell'amicizia. La Principessa è naturalmente Gianna Parola, scrittrice a
sua volta, che soprattutto negli ultimi anni ha condensato la sua
incontenibile necessità espressiva nella scultura. “Mi piace
modellare, plasmare, sentire il materiale che assume una forma guidato
dalle mie mani”. Le sue sculture sono le pagine di un libro scritto
nel bronzo lungo temi e soggetti che riconducono al Piccolo Principe.
Anzi, con la scultura ha preceduto intuitivamente il contatto con il
capolavoro di Saint-Exupéry, in particolare in quei dipinti molto
materici e terrosi con tutte le sfumature dell’ocra.
Montagnola e Pietrasanta - Gianna Parola ha
atelier a Montagnola ed a Pietrasanta, in Versilia, uno dei territori al
mondo preferiti dagli artisti, in particolare dagli scultori. Grandi
scultori, da Henry Moore a Giuliano Vangi, da Niki de Sant-Phalle a
Jean-Michel Folon,
da Botero a Mitoraj e via elencando senza
trascurare i nostri, voglio dire gli svizzeroitaliani come Raffaello
Benazzi e Kurt Laurent Metzler per citarne solo due. Ma poi tanti altri,
che magari in Versilia non hanno casa e atelier ma ci vanno come in
pellegrinaggio perché lì per la scultura è il centro del mondo. Un po’
perché Carrara e le cave di Michelangelo sono solo poco più a nord, poi
per le terre, le argille, per la straordinaria, secolare competenza di
artigiani che danno del tu ai vari materiali, dal marmo al bronzo. Ma
forse soprattutto per quelle montagne così ruvide che diventano morbide
colline e poi s’acquietano verso il mare, tanto che anche la luce si fa
così ricca e intensa. Firenze è a poche decine di chilometri con tutto
lo straordinario richiamo di cultura, con i monumenti, l’arte e i colori
del Rinascimento.
Segni nel territorio - Le opere di Gianna Parola risentono di
questo contesto, di questa matrice, di questa immersione in uno dei
scenari più affascinanti della scultura moderna e contemporanea. Al
tempo stesso nascono dall’esigenza di differenziarsi, di affrancarsi
dalla forza della tradizione, di disegnare un proprio percorso. Qui
entrano in scena Montagnola (e basta un nome, Hermann Hesse) e il Ticino
nel loro storico ruolo di collegamento, trait-d’union, dialogo culturale
tra nord e sud. Già con opere come Dualità 1 e 2 del ’98 e
’99, e con la serie denominata Astratto su stelo, dove per stelo
si intende l’asta di sostegno allungata e sottile ma anche il gambo di
un fiore, Gianna Parola cercava forme compresse ma nello stesso tempo
aeree, spaziali. Infatti ecco Muro, che è una vera e propria
stele, ossia una lastra come quelle adorne di rilievi e iscrizioni che
un tempo segnavano il territorio conferendogli un orientamento. Anche le
sculture di Gianna Parola sono punti riconoscibili di un territorio che
si è fatto sempre più interiore. Ma questo suo Muro è sormontato,
o forse meglio cavalcato dalla figura del Piccolo Principe, che in
qualche modo lo umanizza e lo inserisce all’interno di una storia più
contemporanea, più vicina a noi.
Colori e sabbie del deserto - Accanto alle sculture, ai bronzi,
Gianna Parola ha quadri che in verità sono materie dipinte. Sono
sostanziati da un’abbondante scelta di materiali e colori composti in
realtà di terre, argille, sabbie, ocra (che è colore, anzi una gamma di
colori ma anche un materiale). Quadri sabbiosi, terrosi, desertici.
Appunto il deserto di Saint-Exupéry: “La prima notte dormii sulla
sabbia, a mille miglia da qualsiasi abitazione umana”. Il deserto
del Piccolo Principe, che lo sveglia all’alba con la sua strana vocetta
per chiedergli “Mi disegni per favore una pecora?”. In quel
deserto inizia la straordinaria avventura tutta interiore del pilota che
diventa scrittore e ritorna bambino per costruire una delle storie più
affascinanti di tutti i tempi. E il Piccolo Principe diventa il
protagonista, il testimonial adesso evidente dell’opera di Gianna
Parola, nelle sculture ma anche nei quadri dipinti con le sabbie.
L’essenziale è invisibile - Il Piccolo
Principe con la sciarpa al vento proprio come l’ha rappresentato
l’autore, entra nella scultura di Gianna Parola. Esattamente come - sia
nella sua versione originaria che nelle traduzioni in decine di
lingue
- è illustrato dagli
acquarelli
di Saint-Exupéry, semplici e un po' naïf, celebri quanto il racconto.
Riprendendo quegli stilemi, la scultrice diviene a sua volta Principessa
superando la soglia della dimensione ad un tempo cognitiva e poetica che
costituisce l’essenza del romanzo. La sua scultura si interiorizza,
diventa simbolica, comincia a raccontare storie che appartengono alla
dimensione del pensiero, delle emozioni e dei sentimenti. Con quadri di
materie sabbiose e sculture in bronzo affronta un tema
straordinariamente moderno che è concentrato in una frase del Piccolo
Principe: “Non si vede bene che con il cuore. L’ essenziale è
invisibile agli occhi”.
Realtà e percezione – Questa piccola-grande frase può essere
posta a fondamento dell’arte moderna, quindi del superamento della
tradizione, per quanto grandiosa. Dopo Freud il reale non è più quello
che si vede ma quello che si percepisce, quello che ti entra dentro. Il
centro dell’attenzione si è spostato: la realtà era quantificabile,
“visibile”; la percezione è aerea, invisibile. Anche concettualmente
attraverso il Piccolo Principe, Gianna Parola chiarisce al di là di
ogni dubbio quel graduale abbandono del figurativo che percorre tutta la
sua opera. Prima attraverso scelte formali di stampo espressionista, poi
con l’accentuarsi del modellare per cui le figure mantengono la
riconoscibilità pur lasciando il verismo. La trasformazione del reale e
del figurativo (una montagna, un sasso, una piramide, il globo, il
tappeto volante, l’uomo, la donna, la coppia, il serpente…) si sviluppa
in senso allegorico. Il dato reale viene trasformato ed utilizzato come
vettore, come testimonial di qualcos’altro, appunto di interiore.
Significati ulteriori - In un primo tempo realizza questa
operazione attraverso una graduale concentrazione della forma. Volendo
possiamo citare Brancusi e Modigliani ma anche altri maestri dell’arte
moderna. Con la folgorante apparizione nella sua opera del Piccolo
Principe, il passaggio alla dimensione interiore avviene attraverso la
condivisione di quel mondo poetico e cognitivo. Gianna Parola crea
quello che in semiologia (dal greco semeion, che significa
"segno") si chiama “metalinguaggio”. Si affida cioè ad un modello ben
consolidato nella nostra cultura come il Piccolo Principe per aggiungere
significati ulteriori al suo linguaggio. “Meta” stà per mutamento,
trasposizione, insomma qualcosa di ulteriore: come metafisica significa
“oltre il mondo fisico”, così metalinguaggio significa oltre il
linguaggio tradizionale. Ossia qualcosa in più, appunto quanto il
Piccolo Principe porta in dotazione all’opera della Principessa.
Risplende nel silenzio - Il Piccolo Principe, sciarpa al vento,
diventa elemento simbolico che approfondisce il significato delle opere.
Posto in cima alla Montagna o alla Piramide amplia la
dimensione territoriale e storica delle sculture. Altre volte il
rapporto non è così diretto. Prendo il bronzo Tentazione (2005),
una figura umana in precario equilibrio con alle spalle un serpente e
cito Saint-Exupéry: "Dove sono gli uomini?" disse il Piccolo Principe
"si é un po’ soli nel deserto". "Si é soli anche con gli uomini"
rispose il serpente. Il gioco dei raffronti e delle citazioni tra la
nostra artista e lo scrittore potrebbe continuare. Mi basta quest’ultimo
accostamento con i dipinti materici, con le cromie ocra dei deserti.
Dice il Piccolo principe: Mi è sempre piaciuto il deserto. Ci si
siede su una duna di sabbia. Non si vede nulla. Non si sente nulla. E
tuttavia qualche cosa risplende nel silenzio. Anche nel silenzio di
queste opere risplende un tocco di poesia dove ognuno, anche chi
guarda, può dare il suo contributo di significato.
Dalmazio Ambrosioni
Dalmazio
Ambrosioni, giornalista, si occupa di critica e storia dell’arte. Ha
studiato lettere all’Università Cattolica di Milano dove ha seguito
corsi di analisi del linguaggio visivo con Gianfranco Bettetini. Ha
iniziato e diretto per 15 anni l’inserto culturale del Giornale del
Popolo. Ha diretto il settimanale “Il Lavoro”. Ha prodotto saggi,
cataloghi, monografie d’arte, cura esposizioni di artisti contemporanei.
Vive e lavora a Porza, Ticino, Svizzera (mail:
dambrosioni@bluewin.ch ).
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