CESARE
LUCCHINI
“QUEL CHE RIMANE”
Museo Cantonale d'Arte, Lugano
17 gennaio – 1 marzo 2009
Orari: martedì 14-17, da mercoledì a domenica 10-17, lunedì chiuso
Ingresso: Fr. 10.-, € 7.-; AVS, studenti, gruppi Fr. 7.-, € 5.-.
Il Museo Cantonale d'Arte riapre al pubblico il 17 gennaio 2009, dopo i
lavori di
ristrutturazione, con un progetto espositivo dedicato a Cesare Lucchini,
esponente di
spicco della scena artistica ticinese. La mostra dal titolo “Quel che
rimane”, realizzata in
collaborazione con le Kunstsammlungen Chemnitz, dove è stata ospitata dal
18 ottobre
2008 al 4 gennaio 2009, presenta negli spazi del pianterreno e del primo
piano circa 40
opere di grande formato. Gli olii su tela e su carta documentano le fasi
più recenti della
ricerca di Lucchini restituendone la complessità dell’universo pittorico.
L’attuale fase creativa di Cesare Lucchini – costituita principalmente da
dipinti di grande formato successivi
all’anno 2000 – mostra un intrico di linee energiche e leggeri accenti di
colore stesi sulla tela con gesti
espressivi astratti. Solo di rado gli oggetti rappresentati sono
chiaramente identificabili come cose o creature
del quotidiano. A renderli ancora meno riconoscibili è la mancanza di
confini distinti tra gli oggetti e
l’ambiente circostante. I passaggi sono sfumati, gran parte delle
superfici pittoriche sono offuscate da
velature. Gli oggetti perdono la propria autonomia e la profondità
dell’immagine si chiude in una superficie
impenetrabile.
Lucchini non esita a svelarci l’origine dei suoi soggetti, afferma
infatti: “Lo spunto per realizzare un dipinto
nasce di solito dalle riflessioni che mi suscitano alcuni avvenimenti,
drammatici, della vita quotidiana. Certe
realtà mi provocano forti emozioni, in alcuni casi rabbia e possono, di
conseguenza, diventare una ragione
per iniziare un’esperienza pittorica. In altri casi, invece, sono
determinati stati d’animo più privati che
possono essere degli incentivi per un inizio di un’altra ricerca
pittorica.”
Il corpus di opere che compone l’esposizione ci confronta con una pittura
in grado di attivare pregnanti
percorsi di lettura che, pur muovendo da incipit figurativi labili,
offrono spunti di riflessione su temi inerenti la
realtà contemporanea. La maturità del linguaggio artistico di Lucchini gli
consente di evitare ogni retorica o
tentazione narrativa, egli utilizza, per esprimere la sua visione del
mondo, le peculiarità degli strumenti della
pittura, sicuramente i più adeguati per illustrare quello stadio del
pensiero descritto da Dubuffet, dove le
forme sono “quasi”, mai definite in modo finito e univoco. All’osservatore
rimane la libertà di completare, con
la propria immaginazione e sensibilità, il percorso di lettura dei
dipinti.
Le opere su tela e su carta presentate negli spazi prima di Chemnitz e ora
di Lugano restituiscono la
straordinaria intensità di questa nuova stagione creativa dell’artista.
Colore, tratto e materia emanano una
potenza espressiva di forte suggestione, dove il complesso rapporto fra
astrazione e figurazione costituisce
una sfida sempre rinnovata.
Mostra a cura di
Ingrid Mössinger, direttrice Kunstsammlungen Chemnitz
Marco Franciolli, direttore Museo Cantonale d'Arte, Lugano
Catalogo
La mostra è accompagnata dal catalogo Cesare Lucchini. Quel che rimane,
Kerber Art, Bielefeld, 2008.
Introduzioni di Marco Franciolli e Ingrid Mössinger, saggio critico di
Matthias Frehner, direttore del
Kunstmuseum, Bern. 30 x 24 cm, 120 pagine. In italiano, tedesco e inglese.
Biografia
Cesare Lucchini nasce a Bellinzona il 10 luglio 1941. Conclusi gli studi
alla Scuola Cantonale di Commercio,
si iscrive all'Accademia di Belle Arti di Milano dove si diploma nel 1965.
A partire da questa data, pur tenendo uno studio anche in Ticino, vive e
lavora nella capitale lombarda; nel
frattempo inizia ad esporre regolarmente e compie numerosi viaggi di
studio nei paesi europei.
Già a partire dagli ultimi anni Sessanta la sua produzione si caratterizza
come sequenza di cicli quali la serie
degli Interni (1975-80), di scabra essenzialità e carichi di una marcata
connotazione esistenziale, o quella
degli Atelier (1980-85), caratterizzata dal vistoso ampliamento dei
formati, di norma orizzontali, e dal
conseguente rinnovamento sia dello schema compositivo sia del colore, che
si fa più libero e mentale.
Lasciato definitivamente lo studio di Milano nel 1988, apre un secondo
atelier prima a Düsseldorf e poi a
Colonia, alternando con regolarità periodi di lavoro in Germania ad altri
in cui ritorna nell’atelier di Lugano.
Tra le numerose mostre personali si segnalano in particolare quelle alla
Pinacoteca Casa Rusca di Locarno
e al Musée d'Art et d'Histoire di Neuchâtel nel 1992, al Palazzo dei
Diamanti di Ferrara nel 1993; al Museo
Villa Ciani di Lugano nel 2001 e al Centro Culturale Svizzero nel 2005
www.cesarelucchini.ch
|
STEFANIA
BERETTA
“ IN MEMORIAM”
Museo Cantonale d'Arte, Lugano
17 gennaio – 1 marzo 2009
Orari: martedì 14-17, da mercoledì a domenica 10-17, lunedì chiuso
Ingresso: Fr. 10.-, € 7.-; AVS, studenti, gruppi Fr. 7.-, € 5.-.
Gli spazi del secondo piano del Museo Cantonale d'Arte ospitano dal 17
gennaio al 1 marzo
2009 il progetto della fotografa ticinese Stefania Beretta. La serie di
fotografie – in bianco e
nero, a colori e monocrome – riunite sotto il titolo “In memoriam” ha per
oggetto luoghi
devastati dalle fiamme.
Si tratta di boschi situati in Italia, Francia e Cantone Ticino. La
località è tuttavia ininfluente, Stefania Beretta
è, infatti, attratta dall’evento in sé, indipendentemente dal luogo
geografico. L’accanimento degli incendi sul
territorio rappresenta una sorta di sfida. Come restituire la verità di un
luogo che non è più, che è stato
alterato per sempre? Come può l’immagine fotografica rendere la
straordinarietà dell’evento?
L’artista articola la sua personalissima risposta attraverso diverse
modalità esecutive: il bianco e nero,
l’intervento sulla pellicola in b/n, il colore e stampe fotografiche
monocrome. Comune denominatore delle
diverse tecniche adottate è il formato 120 x 120 cm che inquadra immagini
di desolazione: distese di cenere,
tronchi arsi, rami carbonizzati, pietre bruciate; una dimensione tra il
preistorico e l’extraterrestre, dove l’uomo
non ha dimora.
Lo sguardo di Stefania Beretta, in un gioco di rasoterra e abbassamenti
che plasma l’equilibrio compositivo,
si focalizza su momenti diversi del processo di distruzione e la
successiva rinascita della vegetazione: le foto
in bianco e nero rivelano la “morte naturale” dei luoghi (per tacere la
componente dolosa); l’esigenza di
intervenire sul negativo con bruciature e manipolazioni è dettata invece
dal desiderio di restituire
analiticamente l’entità della catastrofe, quasi ad aggiungere un
ingrediente tattile a quello visivo, a rendere la
violenza dell’evento nella sua complessità di variazioni cromatiche; i
monocromi – di colori terrosi tratti da
pantone – evocano invece una rinnovata dimensione vitale resa,
significativamente, da immagini
monocrome di colori artificiali. Infine le fotografie a colori registrano
il lento, ma inesorabile rinascere del
luogo.
Attraverso giustapposizioni di fotografie che trovano nel dittico una
formula ricorrente sia in catalogo sia in
mostra, Stefania Beretta offre al nostro sguardo un universo che è fisico
(che cosa altera la materia più del
fuoco?) e mentale (che cosa più delle fiamme dice di distruzione e
rinnovamento?).
Non si tratta di reportage, di commento sociale, ma di restituire la
passione per un soggetto che diventa
necessità, necessità di rendere attraverso il linguaggio fotografico
l’intensa e ineluttabile presenza del
disastro, della catastrofe. Stefania Beretta afferma a proposito: “...
sono soltanto cenni, accenni, sono il mio
modo di voler vedere le cose che accadono senza essere ricordate. Parlare
di denuncia forse è ‘retorica’,
ma certamente è una necessità di ‘rivelare’. Queste immagini presentano la
natura offesa dall"uomo...”.
Il progetto è stato presentato nel 2007 presso la Galerie Beck & Eggeling
di Düsseldorf e la Fondazione
Sant’ Antonio di Noli Ligure.
Catalogo
La mostra è accompagnata dal catalogo In Memoriam, Trans Photographic
Press, Parigi, 2006. Testo di
Maria Will, 23 x 23 cm, 86 pagine. In italiano e inglese. Fr. 35.-.
Biografia
Stefania Beretta è nata a Vacallo nel 1957. Vive e lavora a Verscio.
Specializzata in fotografia di architettura
e di oggetti d’arte, conduce in parallelo una sua ricerca personale che si
concretizza in progetti autonomi.
Nel 1997 la Fondazione Galleria Gottardo di Lugano propone a diversi
fotografi europei di documentare il
San Gottardo. Stefania Beretta realizza il progetto Sud-Nord. L’iniziativa
sarà poi oggetto della mostra
itinerante Il San Gottardo.
Dal 1980 effettua frequenti viaggi in Europa, Asia e America; il volume
Città d’Europa raccoglie i risultati di
questa esperienza.
Dal 2001 riceve l’incarico dalla Rolex per il progetto The Rolex
Mentor&Protégé Arts Initiative di seguire e
documentare l’incontro di alcuni dei maggiori artisti contemporanei e
giovani talenti di tutto il mondo.
Nel 2004 SRG SSR Idée Suisse realizza PhotoSuisse in collaborazione con la
Fondazione Svizzera per la
Fotografia e l’editore Lars Müller; si tratta di film-ritratto
accompagnati da una importante pubblicazione di 28
fotografi svizzeri che in collaborazione con ProHelvetia si trasforma in
una mostra itinerante.
Dai suoi frequenti viaggi in India scaturisce una pubblicazione intitolata
Indiarasoterra, realizzata in
occasione della esposizione alla Galleria Cons Arc a Chiasso.
Nel 2006, su invito della Fondazione Credito Valtellinese e dell’agenzia
Grazia Neri, fotografa le cave di
marmo in Sicilia e Marco Anelli (fotografo di Roma) le cave in Valtellina.
Il progetto intitolato Cave sarà poi
presentato in una mostra itinerante e pubblicato in un libro.
Dal 1985 espone i suoi lavori in mostre personali e collettive, in spazi e
gallerie in Svizzera e all'estero. Sue
fotografie si trovano in numerose collezioni private e pubbliche
(Fondazione Svizzera per la Fotografia,
Winterthur, Bibliothèque nationale e Centre Pompidou, Parigi).
Principali esposizioni personali: Museo Palazzo Sertoli, Sondrio, 2007;
Galleria Cons Arc, Chiasso, Espace
Abraham Joly, Ginevra e Kunst Forum Rottweil, 2004; Galerie Zwischenraum
bei Scalo, der
Schweizerischen Stiftung für die Photographie, Zurigo, Galerie La Chambre
Claire, Parigi, 2000.
www.stefaniaberetta.ch
|